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Notizie

Gioco d’azzardo tra gli adolescenti: prevenire è meglio

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I nuovi dati dello studio ESPAD®Italia 2016 condotto dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa confermano come le azioni di prevenzione sul gioco d’azzardo si leghino al calo del numero di giovani giocatori. L’attenzione deve restare però alta: gioca il 40% dei 15-19enni, tra cui molti minori, in particolare c’è allarme per l’azzardo on line, scelto dal 20% dei giovani giocatori

Il Reparto di epidemiologia e ricerca sui servizi sanitari dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr), coordinato da Sabrina Molinaro, ha rilevato tramite il progetto ESPAD®Italia i dati relativi alla diffusione del gioco d’azzardo fra gli studenti tra i 15 e i 19 anni nel 2016, sottolineando in particolare una riduzione dell’impatto rispetto agli anni precedenti.

“Si è infatti passati dal 47% di adolescenti giocatori negli anni dal 2009 al 2011 a meno del 40% nell’anno corrente: il fenomeno coinvolge dunque circa un milione di 15-19enni. Si registra anche un calo dei giocatori con un profilo di gioco definibile a rischio e problematico: i primi sono passati dal 14-15% degli anni 2009-2010 all’11% nel 2016, mentre negli stessi anni i problematici sono scesi dal 9% all’8%”, spiega Molinaro. “Il 58% dei giovani giocatori nell’ultimo anno ha giocato non più di una volta al mese, il 24% meno di una volta a settimana, il 7% con ancora maggiore assiduità. A essere coinvolti sono maggiormente i maschi, 50% contro il 30% delle coetanee, e le prevalenze in entrambi i generi crescono progressivamente con l’età, passando dal 34% dei 15enni al 40% dei 17enni, fino al 47% dei 19enni”.

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Cambiamenti climatici: città europee promosse

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Su oltre 800 amministrazioni locali analizzate, la quasi totalità ha implementato strumenti per affrontare i cambiamenti climatici, come piani di mitigazione (66%), di adattamento (26%) e integrati (17%). Lo rivela uno studio internazionale pubblicato su Journal of Cleaner Production al quale ha partecipato l’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale del Cnr di Potenza. I più virtuosi sono i Paesi del Centro e Nord Europa, ma anche in Italia l’impegno è alto grazie al Patto dei Sindaci

Europa promossa sul tema dei piani climatici urbani, cioè i piani di mitigazione che le municipalità possono adottare per contenere le emissioni di gas serra responsabili del riscaldamento globale e i piani di adattamento per ridurre la vulnerabilità dei territori. Uno studio internazionale al quale ha partecipato per l’Italia l’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale del Consiglio nazionale delle ricerche (Imaa-Cnr) di Potenza ha evidenziato, su un campione di 885 città appartenenti a 28 Stati dell’Unione Europea, che il 66% dispone di un piano di mitigazione, il 26% di un piano di adattamento e il 17% un piano clima integrato, che copre entrambi gli aspetti. Lo studio pubblicato sulla rivista Journal of Cleaner Production ha coinvolto un network di trenta ricercatori provenienti da diciassette stati europei coordinati dall’Università olandese di Twente.
“La ricerca mostra una distribuzione disomogenea, con una predominanza di piani climatici urbani sviluppati nell’Europa centrale e settentrionale e nelle città con oltre 500 mila abitanti: l’80% è dotato di piani sviluppati autonomamente o in risposta alla legislazione nazionale in materia, che impone tale obbligo in Danimarca, Francia, Slovacchia e Regno Unito. A influenzare positivamente lo sviluppo di questi strumenti è anche la partecipazione a network europei quali il Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors) o progetti internazionali quali Life e Interreg”, spiega Monica Salvia, ricercatrice Imaa-Cnr. “Il 40% delle città analizzate aderisce al Patto dei Sindaci e di queste, il 94% dispone di un Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile-PAES”.
“L’elevata adesione a questo network è cruciale anche per allineare i Paesi mediterranei e le città più piccole nell'azione per il clima”, aggiunge Filomena Pietrapertosa, ricercatrice Imaa-Cnr. “In Italia, in particolare, 58 su 76 città analizzate sono firmatarie del Patto dei Sindaci e di queste 56 sono dotate di un Paes (cfr. elenco in calce). Soltanto Bologna e Ancona, però, hanno sviluppato un piano di adattamento nell’ambito di progetti europei (rispettivamente Life Blueap e Life Act) anche se altre città hanno avviato un processo di pianificazione per identificare le vulnerabilità climatiche dei loro territori”.

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MIMMO ROTELLA MANIFESTO

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conferenza stampa lunedì 29 ottobre ore 12.00 Sala delle Colonne

inaugurazione lunedì 29 ottobre ore 19.00 Salone Centrale

apertura al pubblico 30 ottobre 2018 - 10 febbraio 2019

 

La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, la Fondazione Mimmo Rotella e il Mimmo Rotella Institute di Milano, sono lieti di annunciare la prossima apertura il 30 ottobre 2018 della mostra “Mimmo Rotella Manifesto”. L’esposizione, a cura di Germano Celant con Antonella Soldaini, si propone come la più completa ricognizione scientifica sulla produzione di Mimmo Rotella (Catanzaro, 1918 – Milano, 2006) nell’anno del centesimo anniversario dalla sua nascita.


Il progetto di allestimento della mostra scaturisce dalla configurazione del Grande Salone centrale della Galleria Nazionale e interpreta lo spazio espositivo come una vasta ‘piazza’ interna circondata da pareti o facciate di edifici: “Tale interpretazione urbana ha sollecitato”, come afferma Celant, “un display che non fosse composto da frammenti, i quadri, con strutture espositive centrali, tipiche delle mostre tradizionali, in cui le opere sono presentate per temi e per momenti, in singoli territori parietali, stanze e sale, ma si integrasse con la piazza, entrandone a far parte. Al tempo stesso, la necessità di proporre un’antologia dove i lavori giungessero a fornire – con estrema ricchezza connessa alla qualità e alla diversità – un ampio spettro dell’estetica di Rotella, comporta una loro presenza numerosa.

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Mercurio in acque minerali italiane sotto la soglia

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Pubblicato sulla rivista Chemosphere uno studio coordinato dall’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Cnr. La ricerca, con una tecnica analitica specifica per la determinazione del metallo contaminante, conferma i livelli trascurabili per la salute della popolazione.

L’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Idpa) ha coordinato uno studio sulle concentrazioni di mercurio (Hg) nelle acque minerali naturali italiane in bottiglia. La ricerca 'Ultra-trace determination of total mercury in Italian bottled waters' (determinazione di ultra-tracce di mercurio nelle acque in bottiglia italiane) è stata pubblicata sulla rivista Chemosphere, in collaborazione con l’Istituto di nanotecnologia (Cnr-Nanotec), l’Università della Calabria (Unical), le Università Sapienza di Roma, degli Studi di Ferrara, Ca’ Foscari di Venezia e Magna Graecia di Catanzaro.

“Nel biennio 2014-2016 sono state raccolte e analizzate in laboratorio, con una tecnica analitica specifica per la determinazione del mercurio (Hg) in ultra-tracce, 244 acque confezionate in bottiglia di 164 marche, rappresentanti il 64% dell’intero mercato italiano. I dati raccolti forniscono informazioni fino ad oggi assenti, confermando i livelli trascurabili di Hg nelle acque in bottiglia italiane, circa mille volte inferiori rispetto al valore limite di 1 microgrammo per litro previsto dalla Direttiva Europea 2003/40/CE”, spiega Massimiliano Vardè del Cnr-Idpa. “Il mercurio è uno dei contaminanti più dannosi e indesiderabili, in particolare nell'ambiente acquatico. L’esposizione ad esso, anche a basse dosi, induce effetti avversi sul sistema nervoso centrale del feto, del bambino e dell’adulto e provoca, inoltre, significativa tossicità renale ed epatica, diminuzione della fertilità, alterazioni del sistema immunitario e danni al sistema cardiovascolare”.

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La Nuova Zelanda vieta le trivellazioni offshore, Greenpeace: «Decisione storica, Italia segua esempio»

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Il governo della Nuova Zelanda ha deciso oggi di vietare ogni nuova attività di prospezione offshore per gli idrocarburi. Secondo Greenpeace, si tratta di una vittoria storica per la protezione dei mari e del clima che arriva dopo sette anni di crescente opposizione dell’opinione pubblica. Dopo Belize, Costa Rica e Francia, la Nuova Zelanda è il quarto Paese a muoversi in tal senso.

Vietando le prospezioni per gas e petrolio, la coalizione di governo da poco eletta in Nuova Zelanda ha messo efficacemente al riparo dai rischi di nuove esplorazioni quella che è per estensione la quarta Zona Economica Esclusiva (ZEE) del Pianeta, con una superficie di oltre quattro milioni di chilometri quadrati di mare.

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