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Ambiente

Così sono cambiati gli oceani negli ultimi 25 anni

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Rappresentazione della classificazione geografica delle regioni oceaniche che mostrano dinamiche di cambiamento omogenee, ottenuta mediante l'algoritmo K-means.


Pubblicato su Science Advances lo studio condotto da Cnr-Ismar e Stazione Zoologica Anton Dohrn che adotta un approccio innovativo per comprendere come gli oceani, negli ultimi 25 anni, abbiano risposto ai cambiamenti climatici a livello globale e l’impatto di tali cambiamenti sugli organismi marini microscopici

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Save the Arctic

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L'Artico è un ecosistema fragile, minacciato sia dal cambiamento climatico che dalle estrazioni petrolifere. Svolge l'importante funzione di regolare il clima dell'intero pianeta: il colore bianco del ghiaccio riflette i raggi del sole, raffreddando il pianeta, mentre le acque dell'oceano artico li assorbono.
Oggi l'Artico è in pericolo come mai prima: negli ultimi 30 anni ha perso più di tre quarti del volume dei ghiacci e nel 2012 il livello di questi ha toccato un triste minimo storico. Secondo molti scienziati il ghiaccio potrebbe svanire totalmente entro il 2020. Per altri entro il 2016.

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Presenza di tracce di radioattività in aria in concentrazioni non rilevanti dal punto di vista radiologico.

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A seguito di quanto riportato nel comunicato del 4 ottobre u.s. in merito al rilevamento della presenza di tracce di Rutenio 106 in aria, si informa che sono pervenuti all’Istituto i dati rilevati dai laboratori della rete nazionale di sorveglianza della radioattività ambientale (rete RESORAD) del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), come riportati nella tabella allegata, aggiornata al 9 ottobre 2017. Si conferma che non sono stati rilevati altri radionuclidi. Si ricorda che il Rutenio 106 è un radioisotopo artificiale con tempo di decadimento di circa un anno, utilizzato soprattutto in medicina in forma di sorgenti sigillate per applicazioni di brachiterapia e quale sorgente di energia nei satelliti artificiali. Esso è presente in impianti del ciclo del combustibile nucleare e in installazioni industriali per la produzione di radioisotopi.

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Vittoria di Greenpeace: nasce in Russia uno dei più grandi parchi nazionali d'Europa

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Il governo russo ha istituito con decreto il Parco nazionale delle scogliere del Lago Ladoga, uno dei più grandi parchi d'Europa, 122 mila ettari di isole rocciose ricoperte da foreste.
Questo complesso naturale unico, che si trova nella Repubblica di Carelia, ospita numerosi esemplari di aquila e foca del Ladoga. Pur essendo una sottospecie della foca dagli anelli, questo animale vive in acqua dolce ed è diffuso unicamente nelle acque del lago Ladoga. È stato incluso nella Lista Rossa delle specie minacciate d'estinzione stilata dalla UICN.

L'istituzione del parco è il risultato di una battaglia iniziata 27 anni fa, che ha visto anche la partecipazione di Greenpeace Russia, che ha promosso l'inserimento di aree di pregio nei confini del parco, condotto un lavoro di ricerca sulle specie in pericolo, combattuto gli incendi e i tagli illegali. Dal 2008 l'associazione ambientalista organizza ogni anno campi di vigilanza antincendio insieme ad altri gruppi, che hanno portato a estinguere ben 80 incendi forestali sviluppatisi sulle isole durante la stagione turistica.

Nel 2016 diverse compagnie, inclusa l'azienda petrolifera Rosneft, hanno fatto lobby per escludere dal parco aree su cui vi erano piani di sfruttamento, ma l'opposizione di 40 mila persone, 40 scienziati e 19 organizzazioni ha fatto sì che i confini proposti rimanessero inalterati.

Nei prossimi due-tre anni verranno sviluppati i sentieri nel parco e i servizi per renderlo godibile da un numero sempre maggiore di ecoturisti.

I satelliti europei ed italiani misurano lo spostamento del suolo avvenuto a Ischia a seguito del terremoto

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Componente verticale degli spostamenti del suolo (vista 3D) stimati a partire dalle mappe di deformazione ottenute sfruttando i dati acquisiti dai satelliti Sentinel-1 (S1) e COSMO-SkyMed (CSK). Copyright dati S1 di Copernicus, copyright dati CSK di ASI
Componente verticale degli spostamenti del suolo (vista 3D) stimati a partire dalle mappe di deformazione ottenute sfruttando i dati acquisiti dai satelliti Sentinel-1 (S1) e COSMO-SkyMed (CSK). Copyright dati S1 di Copernicus, copyright dati CSK di ASI

 

Nell’emergenza post terremoto il Dipartimento della Protezione Civile (Dpc), fin dalle primissime ore dopo il sisma, ha attivato il Consiglio nazionale delle ricerche - Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente (Cnr-Irea) di Napoli, in qualità di centro di competenza nel settore dell’elaborazione dei dati radar satellitari, per un’analisi volta alla misura dei movimenti del suolo conseguenti al sisma.

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Da un letto di un torrente venne trasformato in cava, poi in piazza, fino a diventare il capolavoro dell’architettura Inca che tutto il mondo conosce. È quanto scoperto, mediante tecniche di indagine geofisiche, dal Cnr con gli Istututi Ispc e Imaa, nell’ambito della missione internazionale Itaca. Lo studio è pubblicato su Scientific Reports.


Machu Picchu, monumento simbolo della civiltà Inca, indicata come una delle sette meraviglie del mondo moderno, è sempre fonte di attrazione non solo per la sua disarmante bellezza e fragilità, ma anche per le continue scoperte che la ricerca archeologica è in grado di restituire.
Sono stati pubblicati, sulla rivista ‘Scientific Reports’ (Nature), i risultati di recenti studi realizzati dalla Missione Itaca, coordinata dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) attraverso l’Istituto di scienze del patrimonio culturale (Cnr-Ispc) e l’Istituto di metodologie per l'analisi ambientale (Cnr- Imaa) di Potenza, che - grazie all’integrazione tra saggi di scavo e la combinazione di tecnologie di osservazione della Terra - hanno rivelato l’immagine di Machu Picchu prima che l’uomo vi iniziasse a costruire le monumentali architetture.

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