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Università: guerra aperta contro la manovra finanziaria

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Senato Accademico: “La manovra chiude le porte ai giovani ricercatori”

Il Senato accademico della Sapienza ha espresso grave preoccupazione per le misure finanziarie adottate dal Governo riguardo al sistema universitario.
Il Senato, riunito l’8 luglio, ha sottolineato in particolare la gravità dei provvedimenti proposti in materia di turn over. In una mozione approvata nel corso della seduta, il Senato ha rimarcato che “di fronte alla velocità di avanzamento di talune conoscenze, il ricambio dei docenti non può subire limitazioni così drastiche, riducendosi di fatto al blocco dell’ingresso della docenza e della valorizzazione dei giovani ricercatori”.

Nella propria mozione, il Senato accademico ha inoltre richiamato le finalità dell’università pubblica “la cui autonomia è rivolta a promuovere formazione e sviluppo scientifico-tecnologico in una società globalizzata”. Tali finalità, prosegue la mozione, “sono largamente sottovalutate se non contraddette da alcuni articoli, sostanzialmente di tipo finanziario, ma nondimeno influenti sulla natura del sistema universitario: il risultato sarà un danno grave per l’avvenire dei giovani e per lo sviluppo del Paese”.

La manovra di finanza pubblica varata dall’esecutivo, spiega la mozione dell’organo di governo della Sapienza, limita le prospettive di inserimento dei giovani ricercatori nell’organico universitario, prevedendo all’articolo 66 che fino al 2011 i docenti che lasciano il servizio siano sostituiti con nuovi ingressi in misura del 20%.

Il blocco del turn over al 20%, si legge ancora nella mozione, non è riequilibrato attraverso una finalizzazione coerente del restante 80%: la norma non indica infatti che il residuo 80%  (così come i fondi derivati dall’allungamento a 3 anni degli scatti di stipendio, oggi biennali) sia destinato a incrementare i fondi di Ateneo per la ricerca o per l’adeguamento delle infrastrutture a servizio della ricerca e delle attività formative.

Ancora, la possibilità di trasformazione delle Università in Fondazioni di diritto privato, prevista all’articolo 16, non riguarda solo il patrimonio immobiliare, ma l’università complessivamente considerata, la cui attività è bene per il sistema-Paese che rimanga pubblica sia nelle finalità, sia nell’organizzazione e gestione delle risorse umane ed infrastrutturali.

La diminuzione infine del Fondo di Finanziamento Ordinario di 450 milioni di euro in 4 anni ed il blocco anche del turn-over del personale tecnico-amministrativo al 20% vanificano gli sforzi delle Università, sottolinea ancora la mozione, che come la Sapienza hanno ricondotto il bilancio in pareggio (consuntivo 2007) e riorganizzato i propri organici in funzione di obiettivi di qualità della ricerca, della formazione e dei relativi servizi. Il taglio del FFO si risolve in una sostanziale riduzione  dell’attività di ricerca, anche oltre quanto avvenuto nei difficili anni passati: gli stessi ritardi nell’assegnazione dei contratti di ricerca nazionali PRIN 2007 costituiscono un segnale grave per i riflessi sulla competitività delle singole Università nel contesto internazionale.

Il Senato Accademico, in accordo con quanto espresso dalla Mozione della CRUI del 3 luglio, in conclusione ha rilevato “la contraddizione di questi provvedimenti con gli indirizzi di politica europea e con la missione pubblica delle Università affermata dalla Dichiarazione di Berlino”.

Il testo completo della mozione è visionabile sul sito www.uniroma1.it

 

 

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Nel giorno in cui la Corte Federale tedesca conferma che le città della Germania possono decidere in piena autonomia di vietare la circolazione dei veicoli diesel sui loro territori, il sindaco di Roma Virginia Raggi annuncia che dal 2024 il centro della Capitale sarà off limits per i veicoli diesel privati.

«Quello della Raggi è un annuncio che risponde positivamente alla campagna che Greenpeace sta portando avanti da mesi, rivolta proprio al governo capitolino, oltre che a Milano, Torino e Palermo», dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Trasporti di Greenpeace Italia. «Abbiamo chiesto un segnale chiaro, una data di scadenza per la tecnologia motoristica più inquinante e nociva per l'ambiente e la salute, che servisse prima di tutto a orientare il mercato. Questo segnale è arrivato e speriamo dissuada fin d'ora i cittadini romani dal comprare ancora auto diesel; così come speriamo misure analoghe vengano presto adottate da tutte le altre città italiane».

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