Via col vento: I moscerini della frutta e i circuiti neuronali
Quante volte ci sarà capitato di agitare una paletta in aria per mandar via uno sciame di moscerini svolazzanti intorno ad un cesto di frutta? Dopo pochi istanti, però, la nuvoletta si ricompone sopra la frutta come se nulla fosse. Secondo David Anderson, che insegna biologia al California Institute of Technology, c'è un modo più efficace per bloccare la frenetica attività della Drosophila melanogaster: il vento. L'équipe coordinata dal professor Anderson si è “divertita” a dirigere un getto d'aria su uno sciame di moscerini e ha osservato la reazione. I risultati dell'esperimento, pubblicati su Nature alcuni giorni fa, non serviranno a liberare le nostre cucine dall'incubo dei moscerini, però svelano alcune cose interessanti sul cervello di questi animali e forse anche dell'uomo.
Sottoposti ad un getto d'aria, i moscerini bloccano tutte le loro attività e restano immobili come se fossero morti, per poi ricominciare a svolazzare quando il vento si placa. Il motivo? Pare che la Drosophila melanogaster abbia sviluppato nelle sue antenne una particolare specie di neuroni che le consentono di sapere immediatamente quando si alza il vento e da quale direzione sopraggiunge.
Studioso dei comportamenti di difesa degli animali e dei loro legami evoluzionistici con le emozioni, Anderson negli ultimi anni ha approfondito le ricerche sui meccanismi neuronali che si attivano quando i moscerini entrano in contatto con il vento. “Durante gli esperimenti – spiega il biologo americano - ci siamo chiesti in che modo il vento agisce sui moscerini bloccandone il movimento. Come fanno a trasferire questo messaggio al cervello per sapere che devono restare immobili finché dura la perturbazione?”. Gli esperimenti condotti da Anderson e dalla sua équipe dimostrano che i moscerini della frutta usano le antenne per rilevare la presenza del vento. Finora gli scienziati pensavano che la principale funzione dei neuroni nelle antenne fosse legata all'udito. In effetti, le antenne captano i suoni, per esempio il richiamo di corteggiamento del maschio, perché le onde sonore le fanno vibrare, attivando i circuiti neuronali. Il vento, a differenza dei suoni, non ha un moto oscillatorio costante, ma è un flusso di particelle atmosferiche che si muovono intorno al moscerino in tutte le direzioni. Come fa uno stesso organo a riconoscere stimoli dstinti e a reagire in modo diverso? La risposta dei ricercatori è che le antenne della Drosophila melanogaster contengono due diversi tipi di neuroni: uno risponde alle oscillazioni dell'aria per captare i suoni, l'altro reagisce al flusso di particelle atmosferiche, ossia al vento.
I ricercatori hanno analizzato un moscerino al microscopio. Facendo un buco nella cuticola, si sono accorti che l'organo di Johnston, un'area dell'antenna deputata alla percezione del suono, è costituito da due gruppi di neuroni completamente distinti fra loro. Ciascun tipo di neurone è in grado di percepire un solo genere di stimolo (in un caso il suono, nell'altro il vento) e ognuno invia il messaggio ad un'area distinta e separata del cervello. Questa netta separazione delle aree cerebrali fa sì che le mosche reagiscano in modo totalmente diverso agli stimoli esterni: il suono del corteggiamento stimola l'accoppiamento, il vento provoca invece una reazione difensiva dell'insetto che finge di esser morto.
I risultati di questo studio, secondo Anderson, potrebbero avere interessanti applicazioni in campo neurologico, per esempio nel trattamento di pazienti psichiatrici. “Sarebbe utile – afferma Anderson - riuscire a localizzare esattamente le aree del cervello da cui hanno origine le risposte del comportamento, incluse quelle delle emozioni. Un giorno, forse, riusciremo a realizzare delle terapie mirate, che colpiscono solo determinati circuiti neuronali, senza danneggiare gli alti”
Link utili:
“Caltech Scientists Discover Mechanism for Wind Detection in Fruit Flies” (11/03/2009)
http://mr.caltech.edu/media/Press_Releases/PR13240.html
The David Anderson Research Group
http://www.its.caltech.edu/~dja/
Emma Bariosco