In data 28-03-2007
Comunicato Stampa Argon
Edizione Marzo 2007
La sperimentazione del vaccino per l’HPV parte I (Conferenza Stampa di presentazione ai Media Italiani del primo vaccino contro il tumore del collo dell’utero Gardasil)
Alberto Matteelli, Dirigente medico dell’Istituto di Malattie Infettive e Tropicali dell’Università di Brescia
Il Gruppo, del quale faccio parte, diretto dal professore Giampiero Carosi all’Istituto di Malattie Infettive e Tropicali dell’Università di Brescia, ha iniziato la sperimentazione su Gardasil nel 2002.
Una sperimentazione non facile perché all’epoca non c’era, tra le ragazze fra i 18 e i 23 anni, cioè quelle da coinvolgere nello studio, alcuna conoscenza del papillomavirus e scarsa percezione dei pericoli del tumore del collo dell’utero. Tanto meno le donne sapevano che questa forma tumorale potesse essere prevenuta con un vaccino.
Per arruolare le volontarie ci siamo recati nelle Facoltà universitarie, da quella di Medicina a quelle di Scienze Infermieristiche e di Ostetricia, cercando di diffondere la maggiore informazione possibile sul tumore del collo dell’utero. Non abbiamo subito parlato dell’esistenza di un vaccino. Ci siamo limitati a soffermarci sul papillomavirus, sul tumore e sul grande ruolo della prevenzione.
Tutto questo è avvenuto con un’azione capillare fatta di incontri, di dibattiti e di poster. Siamo riusciti ad arruolare ventidue ragazze. Un’impresa che all’inizio sembrava impossibile.
Ricordo bene il momento dell’avvio della sperimentazione. Era una calda giornata di agosto, esattamente il 6, quando invitammo in Istituto due studentesse di Ostetricia. Erano molto amiche e avevano deciso, con un grande gesto di sensibilità, di sottoporsi insieme alla vaccinazione con il Gardasil.
Da lì è partito il nostro studio ed è stata un’esperienza davvero gratificante, anche pensando che ben 21 delle ragazze hanno completato i 4 anni di osservazione previsti dal protocollo. E l’unica che manca all’appello è una ragazza che è rimasta incinta e ha avuto un bel bambino.
Cosa è cambiato negli ultimi 4 anni? Quasi tutto: mentre all’inizio del nostro studio non c’erano informazione e tanto meno cultura sul papillomavirus e sul tumore del collo dell’utero, adesso questa informazione e questa cultura ci sono. Il merito è della campagna di informazione che continuamente è stata fatta da parte dei medici e dei media.
E, naturalmente, è merito del vaccino che si sta rivelando all’altezza delle speranze più rosee: sicuro ed estremamente efficace verso i tipi 6, 11, 16 e 18 di papillomavirus, sempre che venga somministrato prima dell’infezione.
A questo punto è opportuno che la campagna di informazione continui, ancor più mirata e che il messaggio diffuso possa raggiungere tutta la popolazione giovanile che è quella più esposta al contatto con il virus e alle famiglie, che devono assumersi responsabilità dirette nella protezione delle adolescenti. In Italia, vaccino e screening con Pap test sono strumenti sinergici per una prevenzione sempre più efficace del tumore del collo dell’utero.