L’inibizione è quella componente dell’intelligenza che, già dall’infanzia, permette il controllo di comportamenti impulsivi per valutare altre azioni che potrebbero arrecare un vantaggio. Un meccanismo che nei bambini viene facilitato dalle rappresentazioni simboliche. “Un gruppo di psicologi americani ha dimostrato che bambini dell’età di 4 anni riuscivano ad aspettare anche 20 minuti per avere due meringhe, piuttosto che mangiarne subito una sola, se gli veniva suggerito di immaginarle come soffici nuvolette piuttosto che pensare al loro sapore”, spiega Elsa Addessi, ricercatrice dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Istc-Cnr) di Roma. “La rappresentazione simbolica ha permesso ai bambini il distanziamento psicologico necessario per controllare le loro azioni”.
Uno studio condotto dall’Unità di primatologia cognitiva dell’Istc-Cnr, coordinata da Elisabetta Visalberghi, pubblicato sui Proceedings of the Royal Society of London Series B, ha dimostrato che i cebi dai cornetti – scimmie sudamericane la cui linea evolutiva si è separata da quella umana circa 35 milioni di anni fa – riescono, come noi, ad inibirsi più facilmente con stimoli simbolici.
“Per il nostro esperimento è stato presentato a otto cebi un problema in cui bisognava indicare la quantità minore di cibo per ottenere la quantità maggiore”, prosegue Addessi. “In questo compito di scelta inversa (reverse-reward contingency), per massimizzare la quantità di cibo ottenuto, i cebi dovevano quindi frenarsi dal fare quello che sarebbe stato ‘normale’, inibendo la tendenza spontanea e, di fronte alla scelta fra due e cinque noccioline, indicare i due pezzi per ottenerne cinque”.
“Questo compito di inibizione è molto difficile e solo un cebo su otto è riuscito nella scelta”, prosegue Sabrina Rossi, Istc-Cnr. “Tuttavia, quando successivamente questo stesso compito è stato presentato in forma simbolica, proponendo la scelta tra due diversi ‘token’ (oggetti simbolici il cui valore i cebi avevano imparato in precedenza, per cui, ad esempio, la fîche blu valeva due pezzi di cibo e la fascetta metallica ne valeva cinque), ben cinque soggetti sono arrivati alla soluzione, cioè ad indicare la fîche blu, di minor valore, per avere la quantità di cibo corrispondente alla fascetta metallica, di maggior valore. Inoltre due di loro hanno risolto il compito anche quando hanno ricevuto la scelta tra coppie di ‘token’ mai incontrate prima (cioè oggetti diversi dai precedenti), dimostrando di saper applicare flessibilmente la regola”.
“Prima del nostro studio, il vantaggio dell’utilizzo di stimoli simbolici, nello stesso tipo di compito, era stato dimostrato soltanto negli scimpanzè (la specie di scimmia evolutivamente più vicina all'uomo) e nei bambini di tre anni: nel caso degli scimpanzè, i simboli corrispondevano a numeri arabi che questi animali erano stati precedentemente addestrati a riconoscere, mentre nel caso dei bambini i simboli erano costituiti dalle immagini di un topolino corrispondente alla quantità più piccola e di un elefante corrispondente alla quantità più grande”, conclude Addessi. “Questa scoperta mostra che la nostra capacità di ragionamento simbolico ha origini ben più lontane di quanto precedentemente ipotizzato, anche se solo nella specie umana, con il linguaggio, raggiunge il suo massimo sviluppo permettendoci di esercitare al massimo le nostre capacità inibitorie”.