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Una carta d’identità per l’extravergine l'olio extra vergine di oliva

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Dalla ricerca dell'Ipcf-Cnr nasce il Sistema per l'olio extra vergine di oliva CDI OEVO, uno strumento semplice a disposizione dei produttori e del consumatore a garanzia della tracciabilità del prodotto Presentato oggi al Salone internazionale dell'olio extravergine di qualità (SOL) di Verona, presso lo stand di Confagricoltura, il progetto ‘Carta di identità per la valorizzazione dell'olio extra vergine di oliva' (CDI OEVO), messo a punto dall'Istituto per i processi chimico-fisici del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ipcf-Cnr) con il supporto del Ministero per le politiche agricole che ha finanziato in parte lo studio."Siamo riusciti a creare una carta d'identità per l'olio extra vergine di oliva, con proprietà e finalità del tutto simili al documento di identità che identifica le persone fisiche", spiega Elpidio Tombari, responsabile dell'unità operativa di Pisa dell'Ipcf-Cnr. "Quest'obiettivo è stato raggiunto applicando agli oli la metodologia dell'analisi calorimetrica. Attraverso una serie di riscaldamenti e raffreddamenti si produce una curva caratteristica e specifica che ‘fotografa' in modo univoco e inalterabile il campione analizzato. Associando questa fotografia alle informazioni di produzione e di origine, il documento permette di riconoscere senza margine di errore l'olio, con le sue qualità e provenienza geografica, attestando la conformità all'originale lungo tutta la filiera di lavorazione, dall'imbottigliamento alla distribuzione. Ogni modifica della composizione chimica provocherebbe immancabilmente un cambiamento della ‘fotografia' calorimetrica, per cui qualunque caso di tentata contraffazione - apposizione sul prodotto di un'etichetta falsa, sostituzione o adulterazione del prodotto stesso - sarebbe facilmente rilevabile ripetendo l'analisi e confrontando i risultati con quelli sulla carta d'identità che accompagna il prodotto".La calorimetria non era mai stata utilizzata per realizzare un test di conformità e di origine, applicabile facilmente nell'industria e nel commercio dell'olio d'oliva a costi estremamente più bassi delle tecniche finora utilizzate e a impatto ambientale zero. "Il brevetto ha valenza anche ecologica", spiega Tombari, "la tecnica calorimetrica, infatti, non prevede l'utilizzo di reagenti chimici di sorta, non inquina e può essere effettuata a un costo veramente contenuto nel giro di qualche decina di minuti a garanzia delle produzioni italiane di qualità. La fase di trasferimento tecnologico è iniziata circa un anno fa, grazie alla collaborazione con produttori, consorzi, associazioni di categoria e il supporto del Ministero delle politiche agricole". La CDI consente inoltre di mappare le zone geografiche di produzione degli extravergine. "Dall'analisi dei termogrammi dei prodotti tipici di una certa zona", conclude Tombari, "si definisce un termogramma medio che, insieme alla composizione varietale e ai parametri chimico-fisici e organolettici di tali prodotti, forma la mappa di riferimento della produzione di una data zona. Disponendo di una mappa rappresentativa delle principali zone di produzione si potrà risalire, con un test appropriato, all'origine geografica".

L'obiettivo del progetto CDI OEVO è di analizzare, nell'arco di due anni, circa tremila partite d'olio di provenienza certificata. Questo porterà alla creazione di una banca campioni e di una banca dati consultabili online, da mettere a disposizione di tutta la rete di ricerca italiana attiva sull'olio con varie metodologie.

La scheda:Chi: Istituto per i processi chimico-fisici del Consiglio nazionale delle ricercheChe cosa: Conferenza stampa di presentazione del Sistema CDI OEVO ‘Carta di identità per la valorizzazione dell'olio extra vergine di oliva'Dove e quando: Salone internazionale dell'olio extra vergine di qualità (SOL) di Verona - Stand Confagricoltura pad C stand n.25, 7 aprile ore 14.45 

Flash News

Nonostante l’ultimo rapporto CITES (la Convenzione internazionale sulle specie minacciate di estinzione) sullo stato degli elefanti e del commercio di avorio (presentato la scorsa settimana) riveli per il quinto anno consecutivo una leggera flessione dell’incidenza del bracconaggio sugli elefanti in Africa la popolazione di questi pachidermi continua ad essere in declino. Secondo l’IUCN negli ultimi 10 anni la popolazione è diminuita di 111.000 esemplari in tutta l’Africa.
Le cause sono appunto il bracconaggio - che continua a far strage di elefanti - la distruzione dell’habitat e la rapida espansione degli insediamenti e delle attività umane nei territori frequentati dagli elefanti, sia nelle savane sia nelle foreste. Secondo la relazione della CITES sono anche in aumento gli elefanti uccisi illegalmente perché in conflitto con le attività umane, come, ad esempio, l’agricoltura: proprio questo fattore, se non adeguatamente gestito, rischia di diventare determinante per il futuro degli elefanti visto che il continente africano è infatti interessato da un’intesa e rapida crescita demografica (Oggi l’Africa ha raggiunto oltre 1 miliardo e 250 milioni di abitanti e le Nazioni Unite prevedono che nel 2050 nel Continente Nero vi saranno oltre 2,5 miliardi di persone).. Il rapporto della CITES evidenzia anche come rimanga elevatissimo il commercio illegale di avorio, principale causa di bracconaggio agli elefanti: per il sesto anno consecutivo infatti si registrano cifre record rispetto al numero dei sequestri e alla quantità del materiale sequestrato. Secondo la CITES il peso dell’avorio sequestrato nel 2016 è sette volte superiore a quello sequestrato nel 2007.

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