Il documentario di Jonathan Demme, I’m Caroline Parker: the Good, the Mad and the Beautiful, proposto quest’anno al Festival del Cinema di Venezia, in Orizzonti, affronta i drammi della vita reale. Dopo film come Philadelphia e Il silenzio degli innocenti, il regista-sceneggiatore vira da un’altra parte. È la storia di una cuoca in pensione, Caroline Parker, scampata all’uragano Katrina nel 2006 e colonna portante psicologica, ma non solo, di un intero quartiere, tra i più poveri di New Orleans. L’ottimismo e la forza di questa donna sono ben indagate dal regista, che dal 2006 al 2010 va a farle visita ogni sei mesi, allo scopo di raccogliere elementi di un ritratto pulsante e variegato. Tra la segregazione, le battaglie per la conquista dei diritti civili e le ferite della miseria, Caroline non si perde mai d’animo, pur nel vuoto di chi i sogni non li ha neppure potuti sognare, ancor prima di vederli infranti. Ciononostante, ci sono dei pilastri nel suo animo e nella sua mente saldi ed irremovibili, come la sua forte cristianità e il suo senso della famiglia.
È proprio da quel vuoto originario, riempito con principi sostanziali e costruiti sulla propria pelle, che una donna come lei trova il coraggio necessario per andare avanti e vincere. E Demme quest’obiettivo lo centra. Lei, nonostante tutto, non perde fiducia nell’altro, non si chiude alla vita, non si abbandona ad una facile aridità e miseria di spirito. È qui la sua forza ed è su questo intricato e doloroso anello che ognuno di noi dovrebbe riflettere. Demme è americano e qui si parla di New Orleans ma anche in Italia ce ne sarebbero di storie così da raccontare. Ci sono molte “Caroline Parker” qualunque, nella storia del Nostro Paese passata e vivente. Sono eroine dimenticate che non hanno fatto la storia ma la scrivono tutti i giorni. Con la loro filosofia del buon senso e della sopravvivenza, avrebbero molto da insegnare anche ai più dotti e meriterebbero anche loro un momento di gloria.
Margherita Lamesta