Vaccinazione per l'HPV: la situazione in Italia*
*Relazione da "L'HPV e il vaccino a due anni dall'esordio". II incontro Ospedale Cristo Re. Roma, 19 giugno 2009
A partire da gennaio 2008 le regioni italiane, secondo un proprio modello organizzativo, hanno avviato l’offerta attiva e gratuita del vaccino anti-Papillomavirus umano (HPV) alle dodicenni, con la possibilità di estenderla ad altre fasce di età. Dal momento in cui la campagna di vaccinazione ha avuto inizio, un ampio dibattito scientifico si è sviluppato su alcuni aspetti che rimangono al momento controversi.
In via preliminare è lecito affermare che lo sviluppo di un vaccino in grado di ridurre l’impatto dell’infezione da HPV, in termini di morbosità e mortalità, ha rappresentato un passaggio fondamentale per la salute pubblica mondiale.
L’European Medicines Evaluation Agency (EMEA) ha autorizzato due preparati anti-HPV: da settembre 2006 un vaccino quadrivalente (Gardasil®, Sanofi Pasteur MSD) contenente Virus-like Particles (VLPs) dei genotipi HPV-16, HPV-18, HPV-6 e HPV-11, prodotto in Saccharomyces cerevisiae ed adiuvato con alluminio idrossifosfato solfato amorfo (AA HS), e, da settembre 2007, uno bivalente (Cervarix®, GlaxoSmithKline) contenente VLPs dei genotipi HPV-16 e HPV-18, prodotto in linee cellulari di insetto e adiuvato con AS04 contenente idrossido di alluminio idrato e O-desacyl-4’- monofosforyl- lipide A. Dal 2006 Gardasil® ha ottenuto anche l’approvazione negli Stati Uniti, da parte della Food and Drug Administration (FDA ).
Entrambi i prodotti hanno come indicazione terapeutica la prevenzione delle lesioni precancerose del collo dell’utero e del cancro del collo dell’utero causati da HPV 16 e 18, ai quali sono attribuiti circa il 70% dei carcinomi della cervice considerati complessivamente; Gardasil® è inoltre in grado di prevenire le lesioni correlate a HPV 6 e 11, responsabili del 70-90% dei condilomi genitali e del 10-20% delle neoplasie intraepiteliali di basso grado del collo dell’utero (CIN 1).
In studi clinici che hanno coinvolto giovani donne, entrambi i vaccini hanno dimostrato di essere efficaci nei confronti degli endpoints primari e secondari associati ai tipi di HPV contenuti; Gardasil® si è inoltre dimostrato altamente efficace nel prevenire lesioni vaginali /vulvari e condilomi genitali.
Invece, nessuno dei due preparati sembra avere effetto significativo sui tassi di clearance e progressione delle infezioni cervicali da HPV, confermando il loro ruolo preventivo e non terapeutico.
In studi di immunogenicità, sia il vaccino bivalente sia il quadrivalente sono risultati altamente immunogeni con tassi di sieroconversione di circa il 100% e, in genere dopo la terza dose, picchi di medie geometriche dei titoli di anticorpi circolanti (GMT) da 10 a 100 volte superiori rispetto a quelli osservati in seguito ad un’infezione naturale. Successivamente si osserva una fase di plateau, che rimane stabile per tutta la durata del periodo di follow-up (circa 4 anni).
Un aspetto fondamentale da considerare è quello relativo alla memoria immunologica, base indispensabile per una protezione a lungo termine. Come indagare tale memoria immunitaria per i vaccini HPV è stato suggerito da organismi internazionali. Per il vaccino quadrivalente, l’evidenza di una risposta anamnestica è stata osservata in due diverse situazioni, la prima relativa a soggetti vaccinati anche se già sieropositivi ai corrispondenti tipi di HPV prima dell’immunizzazione, la seconda riguardo ad un sottogruppo di soggetti vaccinati che hanno ricevuto una dose challenge di Gardasil®, 5 anni dopo l’inizio del ciclo di vaccinazione. Questi risultati suggeriscono un’efficacia vaccinale di lunga durata e modelli matematici hanno stimato livelli anticorpali rilevabili da almeno 12 anni fino a tutta la vita.
La strategia per l’offerta attiva del vaccino HPV in Italia è stata definita in Conferenza Stato-Regioni (20/12/2007) per cui, a partire da gennaio 2008 ogni regione, secondo un proprio modello organizzativo, ha potuto avviare la campagna di vaccinazione, con la possibilità di estenderla ad altre fasce di età. Proprio al fine sia di garantire equità di accesso e parità di offerta, sia di monitorare le coperture vaccinali a livello regionale, la normativa ministeriale invita i servizi sanitari a registrare le vaccinazioni effettuate nelle rispettive anagrafi informatizzate.
Questo sistema permetterebbe inoltre di facilitare la comunicazione nell’ambito dei programmi di screening organizzato: vi è infatti il rischio non trascurabile che l’incremento della copertura vaccinale sia accompagnato dalla riduzione della compliance da parte delle donne che hanno ricevuto il vaccino.
Soprattutto in considerazione del fatto che circa il 30% delle lesioni cervicali non sono causate dai tipi 16 e 18, si potrebbe assistere ad un considerevole aumento dei tassi di incidenza e di mortalità in quelle donne che non hanno preso parte allo screening, con conseguente riduzione dell’efficacia del vaccino.
Prof. Antonino Perino
Direttore Clinica Ginecologica Università di Palermo