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ALLA SCOPERTA DELL'ANTARTIDE 3/3

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Articolo pubblicato il 17-05-2005
di Bruno Marsico
Consorzio per l'attuazione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA SCrl)
per gentile concessione del Consorzio per l'attuazione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide

 

DAI PRIMI AVVISTAMENTI AL PRIMO SBARCO

I primi avvistamenti isolati avvengono tra il 1819 e il 1820, ad opera di tre navigatori che in quegli anni, ciascuno all’insaputa dell’altro, riuscirono a vedere le coste della: Penisola Antartica


  • Thaddeus von Bellingshausen, nato in Estonia e ammiraglio della Marina dello Zar; al comando delle corvette Vostok e Mirny, avvistò un tratto di costa che chiamò Terra di Alessandro I, il 27 gennaio 1820
  • Edward Bransfield, inglese, in servizio presso la Royal Navy, scoprì le Isole South Shetland e riuscì a scorgere un tratto di costa della Penisola Antartica grazie a diradamento della nebbia, il 30 gennaio 1820
  • Nathaniel Brown Palmer, americano, iniziò a navigare a 14 anni. Nel 1819 partìto da Stonington (USA) al comando dello sloop Hero di 40 t, assieme ad una flotta di baleniere, il 16 novembre 1820 giunse in vista della terraferma.

Nel periodo successivo si susseguirono 4 spedizioni che ebbero il merito di delineare i primi tratti di costa del continente. Nel 1823 lo scozzese James Weddell, convinto di poter raggiungere il Polo Geografico Sud, si avventurò nel mare che oggi porta il suo nome, con il brigantino Jane e il cutter Beaufoy. Ma la navigazione venne interrotta dalla grande piattaforma di ghiaccio che, alla latitudine 74° 15’Sud gli sbarrò il cammino. Dal resoconto di Weddell trasse ispirazione Edgar Allan Poe per il suo racconto. Gordon Pym.

Charles Wilkes, di New York, partì nell’agosto 1837 con una flotta di 6 navi, ma senza un’accurata preparazione. Raggiunto il 70° parallelo, venne compiuta un’esplorazione verso la Terra di Graham. In seguito le condizioni meteomarine consigliarono di fare rotta verso Valparaiso. In seguito venne raggiunta Sydney, da cui Wilkes ripartì con una sola nave, ancora diretto in Antartide, dove avvistò un lungo tratto di costa, tra 120 e 140°di longitudine Est, in corrispondenza della terra che oggi porta il suo nome.

Sir James Clark Ross, scozzese, entrò nella Royal Navy e nel 1827 tentò senza esito di raggiungere il Polo Nord, ma nel 1831 riuscì a localizzare il Polo Nord magnetico. Nel 1839, con le navi Erebus e Terror accuratamente equipaggiate e smagnetizzate partì per una spedizione scientifica in grande stile, durante la quale vennero installati osservatori geofisici a S. Elena, al Capo di Buona Speranza e nella Terra di Van Diemen (la Tasmania). Nel novembre 1840 salpò da Hobart e per primo si inoltrò nella banchisa incontrando poi una muraglia di ghiaccio più alta dell’albero maestro della Terror, oggi nota come “Barriera di Ross”.

Rientrato a Hobart nell’aprile 1841, Ross fece riparare e riattrezzare le navi, rifornendole con provviste per almeno 3 anni. Il 17 dicembre raggiunse di nuovo la banchisa. Il giorno di capodanno le 2 navi rimasero intrappolate in uno specchio d’acqua, “circondate da ghiaccio duro come il marmo di Carrara”. Qui gli equipaggi scavarono 2 troni per Ross e Crozier (Capitano della Terror) in occasione dei festeggiamenti per il nuovo anno. In seguito Ross costeggiò la grande barriera di ghiaccio fino a raggiungere la latitudine di 78° Sud, che verrà superata solo 48 anni più tardi.

Nel 1837 Jules-Sébastien-César Dumont d’Urville, partito da Tolone con l’Astrolabe e la Zelée, giunse alla Terra del Fuoco e proseguì verso il Mare di Weddell, dove incontrò la banchisa a 63°30’ di latitudine Sud. Costeggiando la banchisa cercò ancora di entrare nel Mare di Weddell, ma invano; quindi fece rotta verso il porto cileno di Talcahuano.

Successivamente riprese la rotta verso l’Antartide e il 20 gennaio 1840 fu avvistata una costa, battezzata Terra Adelia dal nome della moglie, e lo stesso nome fu dato alla specie di pinguini frequenti su quella costa.

Mezzo secolo dopo, nel 1892, Carl Larsen, baleniere norvegese, con la nave Jason approdò nell’Isola di Seymour, presso la costa orientale della Penisola Antartica, dove scoprì dei tronchi fossilizzati, testimonianza di un clima più temperato nel passato.

Pochi anni più tardi, nel 1895, Carsten Egeberg Borchgrevink con la Antarctic, una baleniera a vapore, sbarcò assieme a Henryk Bull (entrambi norvegesi) a Cape Adare, primi uomini a mettere piede sul continente vero e proprio. Borchgrevink tornò in Antartide nel 1898 con la nave Southern Cross, a capo di una spedizione scientifica. Nel mese di marzo 1900 raggiunse la latitudine 78°50’ Sud, superando il punto raggiunto da Ross nel 1842, ed effettuò il primo sverno sul continente.


L’ETA’ EROICA E LA CONQUISTA DEL POLO

Il periodo che segue viene chiamato “età eroica” dell’esplorazione, per le gesta compiute da alcuni protagonisti nella gara per la conquista del Polo Sud e nel tentativo di attraversamento dell’Antartide dal Mare di Weddell al Mare di Ross.

Nel 1897-98 il biologo belga Adrien de Gerlache fu costretto a svernare sulla nave Bellica bloccata dai ghiacci presso la Penisola Antartica, riportando serie perdite: un morto e un malato di mente. Dell’equipaggio facevano parte come primo ufficiale, un norvegese, in seguito divenuto famoso: Roald Amundsen; e un medico, Frederich Albert Cook (USA), che nel 1909 avrebbe rivendicato il raggiungimento del Polo Nord. Successivamente la conquista del Polo Nord verrà attribuita all’americano Robert Peary.

Nils Otto Nordenskioeld fu a capo di una spedizione antartica svedese nel 1901-1902. In seguito al naufragio della nave Antarctic (la stessa di Borchgrevink), svernò nella Penisola effettuando numerose osservazioni scientifiche. La spedizione fu soccorsa da una nave argentina.

Nello stesso anno anche il tedesco Erik von Drygalski fu costretto a svernare presso la costa della terra da lui battezzata Wilhelm II, a causa del naufragio della nave Gauss.

Il francese Jean Charcot tra il 1902 e il 1905 esplorò la costa occidentale della Penisola, proseguendo la via iniziata da de Gerlache. Della spedizione faceva parte la guida valdostana Pierre Dayné, l’unico non francese a bordo e primo italiano a mettere piede sul continente. L’attività esplorativa di Charcot riprenderà negli anni 1926-1936.

Nel 1909 Edgeworth David, Douglas Mawson e Alistar McKay raggiunsero il Polo Sud Magnetico con un tragitto in slitta attraverso la Terra Vittoria durato 3 mesi.

Fra il 1910 e il 1912 il giapponese Nobu Shiraze entrò nel Mare di Ross approdando alla Baia delle Balene, da dove partì per un’esplorazione di circa 260 km sulla piattaforma di Ross.

Nel 1910 Roald Amundsen, norvegese, (fig. 7) già citato nella spedizione di de Gerlache, stava preparando una spedizione per la conquista del Polo Nord, quando venne a sapere che l’americano Robert Peary l’aveva preceduto. Senza scoraggiarsi decise prontamente di cambiare meta: il Polo Sud era ancora inviolato, anche se sapeva che Scott si stava preparando per lo stesso scopo. Senza perdere tempo,con l’aiuto di tre fidi collaboratori, Nilsen, Gjertsen e Prestrud, Amundsen continuò la preparazione e salpò da Oslo con la nave Fram, ottenuta in prestito da Fridtjof Nansen. Nansen, ideatore della la Fram, l’aveva impiegata nel 1898 nel tentativo di raggiungere il Polo Nord sfruttando la deriva dei ghiacci. La nave, bloccata dai ghiacci, raggiunse la latitudine 84° N.

Ma torniamo ad Amundsen. Per andare dunque verso il Polo Nord, come aveva fatto credere a tutti, facendo tesoro dell’esperienza di Nansen, anziché navigare verso Nord e attraversare il difficile passaggio di Nord-Est, ingombro di iceberg, sarebbe sceso fino allo Stretto di Magellano, sbucando nel Pacifico (il Canale di Panama ancora non esisteva) per risalire verso Nord fino allo Stretto di Bering. Da qui avrebbe raggiunto la banchisa in corrispondenza della foce della Lena, per incastrarvi la nave e farsi trasportare dalla deriva verso il Polo Nord. Questo era il “programma finto”. Infatti il primo tratto di navigazione fino all’Atlantico Meridionale era anche di avvicinamento all’Antartide. Durante la sosta all’Isola di Madera, riunito il corpo di spedizione, Amundsen fissò all’albero maestro la carta dell’emisfero sud svelando il cambiamento di programma. In questo modo consentì a chi non voleva proseguire verso Sud, compreso il fratello Leon, di tornarsene a casa con la prima nave e con biglietto pagato.

Dopo 4 mesi e 4.000 miglia, nel gennaio 1911, la Fram si ormeggiò presso la Baia delle Balene, un’insenatura nella Piattaforma di Ross, dove subito iniziò lo scarico dei materiali con 42 cani e cinque slitte. In tre settimane venne installato il campo chiamato “Framheim” (letteralmente: Casa della Fram), a 3 km nell’interno. Questa posizione risultava, secondo i rilievi col sestante, di circa 100 km più vicina al Polo Sud, rispetto all’Isola di Ross, da dove sarebbe partito Scott.

Alla fine di febbraio vennero installati tre depositi intermedi a 80°, 81° e 82° Sud con abbondanti provviste, facendo poi ritorno a Framheim.

Dopo sei mesi, nel settembre 1911, con 86 cani e sette compagni, Amundsen partì per il Polo. Lungo il percorso il gruppo si divise: 3 di loro esplorarono la Terra King Edward VII; gli altri, compreso Amundsen, con 52 cani e 4 slitte leggere, proseguirono fino al Polo Sud, raggiunto alle 3 del pomeriggio del 14 dicembre. Dopo una breve sosta, iniziò il viaggio di ritorno verso il campo Framheim. L’intero percorso di andata e ritorno, di 2800 km, fu compiuto in 99 giorni, con una velocità media di 27 km/giorno nel viaggio di andata e 37 al ritorno.

Nel frattempo Robert Falcon Scott, ufficiale della marina inglese, con la nave Terra Nova aveva raggiunto l’Isola di Ross, dove si trovava il campo base della sua precedente spedizione del 1902, nel corso della quale aveva raggiunto la latitudine 82° Sud.

Questa volta Scott preparò una organizzazione in grande stile, comprendente pony della Manciuria, cani da slitta, trattori a benzina e slitte pesanti. La squadra, guidata da Scott, con Wilson, Evans, Oates e Bowers, partì dall’Isola di Ross il primo novembre 1911. Ben presto i trattori andarono fuori uso, i pony risultarono inadatti al traino su ghiaccio e i cani non erano in numero sufficiente per trainare carichi pesanti. Alla fine la marcia continuò con 5 uomini che trainavano a stento una slitta pesante. Venerdi 17 (sic) gennaio il gruppo raggiunse il Polo Sud dove trovò la tenda e la Bandiera norvegese lasciate da Amundsen. La delusione si aggiunse alla stanchezza. Nel viaggio di ritorno perirono tutti, Scott per ultimo. I corpi congelati di Scott e di 2 suoi compagni vennero trovati dentro la tenda 8 mesi dopo da una squadra guidata dal tenente di vascello Atkinson.

Nell’ambito dell’ultima spedizione di Scott va segnalato un singolare episodio: una squadra di 6 uomini sbarcò dalla Terra Nova a Evans Cove , presso l’attuale Stazione Italiana Mario Zucchelli, per esplorare la Terra Vittoria del Nord. La nave avrebbe dovuto recuperarli il 18 febbraio, ma fu ostacolata dalla spessa banchisa. I sei uomini scavarono una grotta nella neve in una località battezzata “Inexpressible Island” dove, con le riserve alimentari praticamente esaurite, sopravvissero nutrendosi con carne di foca e di pinguino. Nella primavera successiva (si tratta della primavera australe, quindi fine settembre ottobre, n. d. a.), in condizioni fisiche e psichiche precarie, marciarono per 40 giorni raggiungendo il campo base sull’Isola di Ross, distante 320 km, il 7 novembre 1912. (fig. 8)

DALL’ODISSEA DELL’ENDURANCE ALL’AVVENTO DEL MEZZO AEREO

Ernest Henry Shackleton, (fig. 9) irlandese di nascita, partecipò alla prima spedizione di Scott nel 1902. Qualche anno più tardi, nel 1909, con 3 compagni, raggiunse la latitudine 88°23’ Sud, a soli 180 km dal Polo, con una marcia di 2700 km in 128 giorni. Ma il suo nome è legato soprattutto alla spedizione che aveva come scopo la traversata dell’Antartide dal Mare di Weddell, raggiunto con la nave Endurance nel 1914, al Mare di Ross, dove si trovava una seconda nave, l’Aurora. Sfortunatamente il 19 gennaio 1915 l’Endurance rimase intrappolata nella spessa banchisa del Mare di Weddell, andando alla deriva per più di 2400 km in nove mesi e finendo stritolata e inghiottita dai ghiacci. Seguì una marcia di 4 mesi sulla banchisa, con 3 scialuppe caricate su altrettante slitte, trainate dall’equipaggio fino a raggiungere il mare libero. Qui, messe in acqua le scialuppe, venne raggiunta l’Isola di Elefante, dove i 28 componenti l’equipaggio si accamparono alla meglio riparandosi sotto 2 scialuppe capovolte. La terza scialuppa, ben attrezzata e rifornita di viveri, con sei persone a bordo, compreso Shackleton, partì dall’isola il 24 aprile 1916, con rotta NE. Dopo 17 giorni e 1300 km di mare in condizioni proibitive, fu raggiunta la Georgia del Sud, dove esisteva un porto per navi baleniere. Da qui Shackleton dopo 3 tentativi falliti, finalmente, grazie al rimorchiatore Yelcho ottenuto dal governo cileno, riuscì a tornare all’Isola di Elefante, dove il gruppo di 22 persone era rimasto senza notizie per 4 mesi e trarre in salvo tutti. Era il 30 agosto, in pieno inverno australe.

Anche la nave Aurora, che doveva raccogliere Shackleton nel Mare di Ross, subì naufragio con 3 perdite di vite umane. I superstiti vennero salvati nel 1917.
Shackleton morì a 48 anni durante il suo ultimo viaggio verso l’Antartide con la nave Quest, per un attacco cardiaco.
Questo episodio conclude la fase eroica dell’esplorazione dell’Antartide.
Nel decennio successivo intervenne l’aereo come mezzo veloce di esplorazione.

  Nel 1928 e nel 1929 l’australiano Hubert Wilkins , partendo dall’Isola Deception, compì diversi voli sul continente e ripotò una ricca documentazione fotografica. L’americano Richard Evelin Byrd , dopo aver compiuto alcuni voli sull’Artico, nel 1928 organizzò una spedizione in Antartide costruendo una base presso la Baia delle Balene. Nel corso di esplorazioni aeree, raggiunse il Polo Sud percorrendo in 16 ore la stessa rotta percorsa da Amundsen in 60 giorni 18 anni prima con i cani da slitta e gli sci. Nel 1933 Byrd svernò volontariamente in solitario, primo nella storia, in una stazione meteorologica a 80° di latitudine Sud.

Nel 1946, passato il secondo conflitto mondiale, gli USA organizzarono 2 grandi operazioni aeronavali in Antartide, denominate Highjump e Windmill, ancora guidate da Byrd, con 4700 uomini, 13 navi, 25 aerei, 6 elicotteri e un sommergibile. Nel 1955-56 organizzò una nuova spedizione, la Deep Freeze, senza prendervi parte attiva. Questa spedizione è da considerare propedeutica per la proclamazione dell’Anno Geofisico Internazionale (IGY) del 1957. Come naturale conseguenza di ciò nel 1959 venne stipulato a Washington il Trattato Antartico, allo scopo di regolare la presenza dei Paesi interessati sul continente. Alla stipula parteciparono 12 dei paesi già operativi in Antartide: Argentina, Australia, Belgio, Cile, Francia, Giappone, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito, Russia, Stati Uniti, Sud Africa. Spirito del Trattato è quello di favorire gli usi pacifici del continente e di assicurare la conservazione della fauna, della flora e dell’ambiente nell’interesse dell’umanità.

  Il Trattato Antartico divenne operativo nel 1961 e l’Italia vi aderì nel 1981; nel 1985, con apposita legge, è stato istituito il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA) ed è stata avviata una serie di spedizioni con cadenza annuale. Dal 2003 l’attuazione delle spedizioni è demandata ad un Consorzio a cui partecipano l’Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente (ENEA), il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (OGS) e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).

Il 19 febbraio 2005 la XX spedizione italiana ha lasciato la Stazione Mario Zucchelli per fare rientro in patria.

 

Autore: Bruno Marsico
Consorzio per l'attuazione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA SCrl

 

Ripreso dalla rivista mensile Scienzaonline.com Edizione Maggio 2005 - Numero 16 - Anno 2 - 17 Maggio 2005
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