Per conoscere la mineralogia di questi corpi ci si basa principalmente sull'analisi dello spettro, visibile ed infrarosso, della luce solare riflessa dalla loro superficie. Tuttavia la superficie di un corpo in orbita nel sistema solare è costantemente sottoposto al bombardamento di micro-meteoriti e particelle del vento solare. L'effetto combinato di questi due agenti causa il cosidetto space-weathering, cioè una modifica dello spettro di riflettanza del corpo. Questa alterazione dello spettro rende complicata l'interpretazione dei dati spettrometrici ed in particolare l'associazione tra gli spettri di corpi celesti presi da un telescopio con gli spettri di laboratorio delle meteoriti recuparate sulla terra. Nonostante la grando mole di dati accumulati negli ultimi anni la fisica dello space weathering non era ancora nota con sufficiente accuratezza per stabilire con certezza la mineralogia degli asteroidi tramite gli spettri presi dai telescopi.
In particolare nella comunità scientifica è in corso un dibattito decennale sulle cause prime dell'alterazione degli spettri e soprattuto sui tempi scala dello space weathering.
In un lavoro pubblicato sul numero di Nature del 23 Aprile 2009 (“Solar wind as the origin of rapid reddening of asteroid surfaces” di P. Vernazza, R.P. Binzel, A. Rossi, M. Fulchignoni & M. Birlan) un gruppo di ricercatori francesi (European Space Agency, Observatorie de Meudon ed IMCCE), statunitensi (MIT) e italiani del Consiglio Nazionale delle Ricerche (A. Rossi) ha finalmente dato delle risposte a questi dubbi di lunga data.
Grazie all'analisi dello spettro visibile ed infrarosso di un gran numero di asteroidi di “recente” formazione presi da alcuni tra i massimi telescopi mondiali (il New Technology Telescope e Very Large Telescope dell'ESO in Cile, il Telescopio Nazionale Galileo dell'INAF sull'isola di La Palma e l'Infrared Telescope Facility a Mauna Kea, sulle isole Hawaii) combinata con recenti misure di laboratorio, per la prima volta è stato possibile individuare nell'azione del vento solare la causa primaria dello space weathering.
La chiave di volta che ha permesso questo risultato è stato lo studio di asteroidi provenienti da “famiglie” asteroidali (gruppi di asteroidi originatisi a seguito di gigantesche collisioni tra asteroidi nella cintura principale tra le orbite di Marte e Giove) formatisi nell'ultimo milione di anni. Questi oggetti “giovani” hanno mostrato uno spettro già “invecchiato” dallo space weathering. Dall'analisi degli esperimenti di irraggiamento di meteoriti in laboratorio emerge chiaramente che solo il vento solare può spiegare effetti così rapidi. La maggior parte dell'invecchiamento ha luogo quindi nel primo milione di anni di vita di un asteroide a causa degli ioni del vento solare, mentre il bombardamento dei micro-meteroriti agisce più lentamente lungo l'intera vita di un asteroide.
Vernazza e colleghi mostrano inoltre come il paradigma fino ad ora comunemente accettato che associava il “colore” di un asteroide (determinato dall'analisi dello spettro) con la sua età non sia valido. Da questo lavoro infatti emerge come la composizione e non l'età sia il fattore principale che determina il colore di un oggetto. L'abbondanza relativa di alcuni componenti fondamentali degli asteroidi gioca un ruolo centrale nella velocità con cui un asteroide sottoposto allo space weathering cambia il suo colore nel corso del tempo ed è quindi necessario tenerne sempre conto nell'analisi dello spettro di oggetti di età differenti.
I risultati dell'articolo inoltre rafforzano la tesi secondo la quale l'abbondanza di oggetti con superfici apparentemente non “invecchiate” riscontrata tra i piccoli asteroidi incrociatori della terra (Near Earth Asteroids) è dovuta ad effetti dinamici. La frequente alterazione (“ringiovanimento”) della superficie a seguito dello scuotimento mareale dell'oggetto in occasione di incontri ravvicinati con i pianeti interni (Venere e Terra in particolare) sarebbe responsabile di questo effetto di selezione.