Almeno 1000 le vittime secondo le ong nel paese. Bloccata l’erogazione dell’acqua ad Harare per cercare di fermare il contagio, segnalati casi anche nei paesi vicini. Intanto la soluzione alla crisi istituzionale è lontana.
È altissimo il rischio di un’epidemia di colera in Zimbabwe: secondo l'Ufficio per il coordinamento degli Affari Umanitari dell'Onu, la malattia è diffusa ormai per oltre la metà del territorio del paese e il contagio continua ad estendersi. Il ministro della Sanità ha attribuito la rapida diffusione del virus alle pessime condizioni di manutenzione delle reti fognarie ed idriche e al collasso del sistema di raccolta dei rifiuti.
Una situazione che potrebbe esplodere da un momento all’altro, tanto che ad Harare, la capitale, dove si sono registrati oltre 6 mila casi e almeno 152 morti, le forniture idriche sono state tutte sospese, per controlli e depurazione delle acque, nel tentativo di arginare l’infezione.
Secondo il ministro della Sanità le vittime del colera sono almeno 425 negli ultimi 3 mesi, i casi di contagio potrebbero essere oltre 11.000. Le organizzazioni umanitarie che operano nel paese (MSF, Unicef e Croce rossa internazionale tra le altre )parlano però di almeno 1000 vittime. Il governo si dice pronto ad adottare tutte le misure necessarie per contrastare la diffusione della malattia, ma anche consapevole che l’ormai prossimo arrivo della stagione delle piogge potrebbe render più difficile far fronte all’emergenza. Il contagio, che ha toccato finora 9 delle 10 province del paese, minaccia tutta la regione: anche i paesi confinanti con lo Zimbabwe, a partire da Botswana e Sudafrica, hanno registrato un preoccupante aumento dei casi di colera.
Nei giorni scorsi l’Associazione dei medici dello Zimbabwe (Zima) aveva denunciato l’arretratezza del sistema di distribuzione idrica in tutto il paese e come le strutture ospedaliere si stiano rivelando incapaci e impreparate di fronte alla diffusione dell’epidemia. Il governo ha risposto dando la colpa alle sanzioni imposte dai governi occidentali (Gran Bretagna in testa) nel tentativo di far cadere il regime del presidente Robert Mugabe. In realtà le attuali sanzioni ancora in vigore, imposte dopo le controverse elezioni presidenziali che hanno rimesso Mugabe alla guida del paese, riguardano solo il presidente e alcuni dei suoi stretti collaboratori.
Sempre più drammatica la situazione umanitaria: la popolazione è ancora stretta dalla crisi economica, con un’inflazione ormai al 231,000,000%, e una disoccupazione che tocca quasi l’80% degli adulti. Eppure sembra molto lontana ancora la soluzione dello stallo politico, che blocca il paese dalla proclamazione dei risultati delle elezioni del marzo scorso. Nonostante i ripetuti incontri con la mediazione dell’Ua e del Sudafrica (l’ultimo il 25 novembre scorso), tra lo Zanu-Pf di Mugabe e i partiti dell’opposizione (l’MDC di Morgan Tsvangirai e la frangia dissidente di Arthur Mutumbara) non si è ancora trovato l’accordo per la formazione di un governo di unità nazionale.