Il boom delle fattorie metropolitane: semplice moda o necessità?
Secondo le stime del Dipartimento per le politiche agricole degli Stati Uniti, circa il 15% del cibo consumato nel mondo è prodotto nelle città, dove sempre più persone decidono di coltivare frutta e verdura direttamente sul balcone di casa: terrazzi, giardini, tetti, garage, davanzali e persino scale di emergenza diventano il luogo ideale per sperimentare il fai-da-te dell’agricoltura biologica.
Il fenomeno, che in molti Paesi vanta un’antica tradizione, come a Shanghai, dove l’85% della popolazione coltiva le verdure nell’orto di casa, potrebbe diventare una solida realtà in tutto il mondo man mano che aumentano i prezzi dei generi alimentari e l’allarme per l’inquinamento ambientale.
Produrre localmente conviene, secondo Kelly Coyne e Erik Knutzen, autori di un libro appena pubblicato negli Stati Uniti col titolo “La fattoria metropolitana: guida alla vita autarchica”. Il libro spiega com’è cambiata la vita di due seri professionisti americani nel cuore di Los Angeles, a pochi isolati da Sunset Boulevard, quando hanno deciso di riciclare l’acqua, allevare galline e produrre da soli carote, zucchine e cavolfiori, riservando il supermercato – “una landa desolata di cibi insulsi, precotti, pieni di additivi, ormoni, pesticidi e OGM” - solo ai beni di seconda necessità e ai peccati di gola: olive, parmigiano, pasta, vino, cioccolata. L’esilarante guida di Coyne e Knutzen è dedicata a tutti quegli animali metropolitani, incapaci di rinunciare all’ebbrezza della grande città e terrorizzati dalla monotonia della vita bucolica, che non vogliono più essere passivi consumatori di cibi standardizzati, bensì produttori attivi di alimenti freschi e genuini.
Quello che per molti americani è un hobby o una moda, a Cuba è una necessità. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, da cui dipendeva economicamente, l’isola caraibica ha dovuto razionare generi alimentari e carburante. Molte grandi imprese agricole sono fallite e i contadini hanno incominciato ad usare metodi di coltivazione naturali, sostituendo i fertilizzanti chimici con montagne di letame e i pesticidi con gli insetti. L’anno scorso tre uragani hanno spazzato via il 30% dei raccolti e Cuba sta puntando tutto sulle fattorie metropolitane. Una di queste cooperative, che sorge nel sobborgo di Alamar, all’estrema periferia dell’Havana, conta 160 membri e coltiva, fra le altre cose, una varietà di barbabietola che impiega appena 25 giorni per crescere. Uno dei vantaggi di produrre per il mercato locale è che i coltivatori non dipendono dai trasporti e dai prezzi del carburante, un aspetto che ha contribuito alla diffusione del movimento “mangia locale” anche nei Paesi sviluppati.
Nata da un progetto militare che mirava a rendere il Paese economicamente autosufficiente dopo la fine dell’impero sovietico, l’agricoltura urbana si è diffusa a macchia d’olio in tutta l’isola, occupando 35.000 ettari di terreno. Questo sistema, che oggi produce la metà delle verdure a foglia consumate a Cuba, non basta per coprire il fabbisogno dell’intera popolazione, ma è comunque una risposta efficace contro la crisi in un Paese dove il 60% del cibo è importato dall’estero, soprattutto dagli Stati Uniti. La cooperativa di Alamar, fondata nel 1997, copre 11 ettari di terreno e produce annualmente oltre 240 tonnellate di ortaggi. Usa metodi di coltivazione biologica e vende i propri prodotti alla comunità locale.
Non è facile fare pronostici sul futuro dell’agricoltura urbana a Cuba, considerando l’aumento dei prezzi a livello mondiale e i danni causati dagli uragani. Già si profila all’orizzonte un progetto per costruire un grande impianto di fertilizzazione con la collaborazione del Venezuela. Cuba, però, non resta a guardare. Raul Castro, che è salito al governo nel febbraio del 2008, sta progettando di utilizzare le cooperative agricole cittadine per ridurre i 2.5 miliardi di dollari che l’isola spende per le importazioni, soprattutto dagli Stati Uniti. Le parole d’ordine del nuovo governo sono “decentralizzazione” e “incentivi”. Castro, ad esempio, ha incrementato i sussidi statali per i produttori agricoli e dallo scorso settembre lo Stato ha ceduto molti lotti di terreno e proprietà demaniali alle cooperative agricole.
Approfondimenti:
Kelly Coyne, Erik Knutzen “Urban Homestead: Your Guide to Self-sufficient Living...” (Process Self-reliance Series, 2008).
http://www.homegrownevolution.com/
Veronica Rocco