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Il solare termodinamico: la rivoluzione arriva dal deserto

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Il 28 Novembre scorso, il Principe di Giordania Hassan bin Talal ha presentato al Parlamento europeo il Libro Bianco sull’energia solare intitolato “Clean Power from Deserts”, ossia “Energia pulita dal deserto”. Il programma, sviluppato dalla Trans-Mediterranean Renewable Energy Corporation (TREC), si chiama Desertec e punta sul solare termodinamico. Europa, Nord Africa e Medio oriente sono impegnati in un progetto di cooperazione che mira a utilizzare il potenziale energetico dei Paesi appartenenti alla cosiddetta “fascia solare”, ossia quelli che si affacciano sulla sponda sud del Mediterraneo e del vicino Oriente, per produrre un’energia sicura, pulita e a costi competitivi.

Secondo uno studio condotto alcuni anni fa da due scienziati del Centro Aerospaziale Tedesco, Gerhard Knies e Franz Trieb, entro il 2050 l’Europa potrebbe ricavare le risorse energetiche di cui ha bisogno esclusivamente da fonti rinnovabili, senza ricorrere a combustibili fossili. Vediamo come.

Il sole è in grado di fornire all’uomo una quantità di energia 10.000 volte superiore a quella necessaria per soddisfare le attuali esigenze energetiche mondiali. Basterebbe sfruttare l’1% dei deserti con tecnologie solari per coprire il fabbisogno dell’intero pianeta. Ma quanta energia “assorbono” i nostri deserti? In 5,7 ore ricavano tanta energia quanta ne utilizza l’intero pianeta in un anno. Inoltre, un chilometro quadrato di deserto ogni anno riceve energia solare equivalente a 1,5 milioni di barili di petrolio. Un potenziale che, secondo Knies, non è mai stato preso seriamente in considerazione, senza contare il fatto che l’energia solare, se non viene utilizzata dall’uomo, è una risorsa “sprecata”.

Il progetto proposto dai ricercatori tedeschi si basa sulla tecnologia CSP, ossia Tecnologia Solare a Concentrazione. Un impianto CSP è costituito da centinaia di enormi specchi che catturano i raggi solari e li trasformano in energia termica [1]. Con questo metodo è possibile generare fino a 100 miliardi di watt di corrente. Due terzi dell’energia verrebbero utilizzati per soddisfare il fabbisogno energetico delle popolazioni locali, il resto sarebbe destinato all’esportazione in Europa.

Quali sono i vantaggi di questa tecnologia? Gli impianti CSP, grazie ad un sistema di accumulo termico, permettono di produrre energia a “ciclo continuo”, ossia anche durante la notte e nelle giornate nuvolose. Inoltre, il vapore di scarto delle turbine può essere riutilizzato per desalinizzare l’acqua di mare [2]

Naturalmente non mancano le obiezioni a questo progetto. Innanzitutto, i costi. Attualmente l’elettricità ricavata dal solare termodinamico costa intorno ai 15-20 euro per Kilowatt/ora, il doppio del carbone. Ma secondo gli esperti del TREC, la tecnologia CSP avanza rapidamente e i costi potrebbero ridursi fino ad un terzo nel giro di pochi anni. Un altro aspetto che suscita perplessità riguarda la trasmissibilità dell’energia. In altre parole: è possibile trasferire l’energia prodotta nel deserto verso le aree del mondo che ne hanno più bisogno, come l’Europa? E quanta energia verrebbe “sprecata” durante il trasferimento? Secondo Knies, l’attuale sistema di trasmissione a corrente continua ad alto voltaggio (HVDC) consente di trasmettere energia elettrica ad ampio raggio con una dispersione del 3% ogni 1000 chilometri. La trasmissione di elettricità dal Nord Africa a Londra, per esempio, comporterebbe una perdita del 10%: un tasso di gran lunga inferiore a quello calcolato per la trasmissione delle centrali a carbone.

La tecnologia CSP viene impiegata da oltre vent’anni in California [3], dove fornisce elettricità a 100.000 abitazioni. Impianti analoghi sono stati realizzati anche in Australia e nel sud della Spagna, vicino Granada (Plataforma Solar de Almeria).

Il solare, dunque, ha tutte le carte in regola per essere una valida alternativa ai combustibili fossili: sfrutta una risorsa ad altissimo potenziale energetico, sicura ed eco-compatibile; costa relativamente poco, se paragonata ad esempio al nucleare [4]; rappresenta una preziosa risorsa economica per i Paesi in cui verrebbero impiantati gli stabilimenti; infine, fornirebbe all’Europa energia “pulita”, contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra.

[1] L’idea di “catturare” l’energia solare per trasformarla in energia elettrica è molto antica, se è vero che già Archimede, nel III secolo d.C., distrusse la possente flotta romana ricorrendo ad un semplice quanto ingegnoso “gioco di specchi”

[2] Per approfondimenti rimando alla versione inglese dello studio pubblicato sul sito www.desertec.org e intitolato “Concentrating Solar Power for Seawater Desalination” a cura del Centro Aerospaziale tedesco

[3] A questo proposito si veda il programma per le tecnologie ad energia solare del Dipartimento americano per l’energia

[4] L’Economic Research Council calcola che il CSP costa cinque volte meno del nucleare. L’energia nucleare, inoltre, fornisce appena il 3,1% delle risorse energetiche e difficilmente si può ipotizzare di aumentarne la produzione

 

Veronica Rocco 

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