Love by Mail, ovvero l’amore in Giappone al tempo di Internet
Il 2 giugno scorso si è conclusa una singolare mostra allo Smithsonian Institute di Boston,intitolata “Mille baci: lettere d’amore dagli archivi dell’arte americana”. I curatori della mostra hanno raccolto migliaia di “messaggi d’amore” scritti da importanti artisti, pittori, scrittori, architetti americani.
Ammettendo un certo gusto voyeuristico, la mostra dischiude al suo pubblico l’intimità di questi personaggi, le loro passioni, le loro ingenuità, i loro tradimenti, e ammicca con nostalgia ad un passato fatto di estenuanti attese, di carta che crepita tra le dita di amanti insonni, di inchiostro che si allarga su fogli fittamente vergati. E’ forse un monito agli amanti di oggi, quelli dell’era cibernetica, quelli che codificano i propri messaggi con l’urgenza dell’immediato perché vogliono una risposta qui ed ora?
La corrispondenza d’amorosi sensi oggi viaggia nel mondo impalpabile della comunicazione digitale, facile, veloce, istantanea, senza fili. Che importa se dall’altra parte non c’è una calda amante ma un cervello elettronico che “interagisce” con l’abbonato di turno?
In Giappone si calcola che siano 30.000 gli uomini disposti a sborsare parecchie centinaia di Yen al mese per il privilegio di scambiare romantiche mail con donne virtuali. Si può scegliere la futura amante in una rosa di sette candidate, tra cui un’ assistente di volo, un’ infermiera e una professoressa. Basta scegliere la compagna ideale e sottoscrivere un abbonamento ed ecco che inizia una vera e propria relazione, spesso extraconiugale, con un’amante “virtuale”. Gli appassionati utenti di Love by Mail difendono la propria scelta sostenendo che questo tipo di relazione garantisce il brivido della trasgressione ma non compromette la fedeltà alla propria compagna “in carne ed ossa”.
Se i loro padri avevano le geishe, oggi i giapponesi hanno Love by mail. E non solo. In Giappone i giochi virtuali di questo genere sono moltissimi, suddivisi per tipologia di utente, sesso, età. L’idea è venuta alcuni anni fa alla Bandai, azienda nipponica famosa per aver riempito il mondo di piccoli tamagoshi. Gli internauti hanno 3 mesi di tempo per sedurre la loro nuova amante, cercando di scoprire quali sono i suoi gusti. Non è sempre un’impresa facile, infatti la cyber-fidanzata potrebbe irritarsi di non ricevere abbastanza messaggi o lamentarsi che non sono abbastanza appassionati, dando così del filo da torcere al corteggiatore di turno. Il quale, a quanto pare, non si lascia affatto scoraggiare, ma anzi cerca di accumulare il massimo del punteggio, nella speranza di ricevere l’ambito verdetto “sì, mi piaci”.
Per quanto bizzarro possa sembrare, questo tipo di relazioni virtuali è molto frequente e spesso rimpiazza quelle reali perché il partner cibernetico appare, soprattutto agli occhi dei più giovani, molto più seducente e più facile da gestire rispetto ad un compagno “in carne ed ossa”.
Love by Mail e altri giochi simili rappresentano il lato forse meno insidioso delle nuove forme di corteggiamento internautico, che sempre più spesso si trasformano in qualcosa di più di un semplice “gioco”, specie quando coinvolgono persone reali. Secondo l’Agenzia Nazionale della Polizia, in Giappone i crimini a sfondo sessuale, gli abusi ai danni di adolescenti e la prostituzione minorile legati alle chat room o ai siti di “appuntamento” aumentano ad un ritmo impressionante. Sempre più numerose, infatti, sono le giovani giapponesi che dispongono di un cellulare con funzioni Internet, il cui numero viene messo a disposizione di uomini in cerca di una “fidanzatina”. Secondo quanto riporta la Jia (Japan Internet Association), una studentessa su tre ha un cellulare con funzioni internet. Pagando un abbonamento, i candidati possono visualizzare il numero della ragazza prescelta e mettersi direttamente in contatto con lei. Il passo verso l’appuntamento reale è breve, e spesso rischioso. Sempre di più sono, infatti, le giovani giapponesi che chiamano la Jia per chiedere come si fa a svincolarsi da questo tipo di servizi.
Veronica Rocco