Al laboratorio TASC di INFM-CNR sono appena nati i primi semiconduttori magnetici in grado di funzionare a temperature sopra lo zero. Sono il frutto della collaborazione di Francesco Maccherozzi e Giancarlo Panaccione di INFM-CNR, Giorgio Rossi di INFM-CNR e Università di Modena e Reggio Emilia, e dei loro colleghi delle università di Regensburg, Monaco di Baviera e del Politecnico di Zurigo.
Un semiconduttore magnetico è potenzialmente in grado di riunire i due elementi fondanti dell'elettronica contemporanea, la tecnologia elettrica dei transistor e quella magnetica delle memorie di massa, da cui ci si attende un enorme contributo all'elettronica. Dalla sua messa a punto nel 1996 però, nessuno aveva risolto il problema che ne rende impossibile l'uso in condizioni non sperimentali: il fatto, cioè, di funzionare solamente a temperature molto al di sotto dello zero. Ora, il semiconduttore inventato al laboratorio TASC di Trieste cambia le carte in tavola, funzionando anche a temperatura ambiente.
Per realizzarlo, gli scienziati sono partiti da semiconduttori magnetici diluiti, che presentano al loro interno tracce di materiali ferromagnetici. Nello specifico hanno usato semiconduttori noti di Arseniuro di Gallio contenenti tracce di Manganese, che esibisce un comportamento magnetico a temperature di circa meno 200 gradi. Allo scopo di ottenerne la magnetizzazione a temperature più elevate, i ricercatori hanno cercato di influenzare il comportamento del manganese accostandogli del ferro, altro materiale magnetico, depositandone sul semiconduttore uno strato di alcuni nanometri. Questa modifica ha avuto successo e il semiconduttore così modificato ha davvero rotto il muro del freddo: ferro e manganese si sono in qualche modo “parlati”, interagendo a livello atomico tra di loro in modo che il manganese risultasse ferromagnetico fino ai 30 gradi sopra lo zero.
Le prospettive che si schiudono sono vaste: già nel futuro più immediato si potranno realizzare chip che includano al loro interno tanto le componenti di calcolo, quanto le memorie (la cui tecnologia esiste già), oppure aumentare di molto la potenza di calcolo senza dover produrre strutture logiche sempre più piccole (evitando così i problemi di lavorare a scale nanoscopiche). Più avanti nuovi paradigmi di calcolo potranno emergere per chip elettrici-magnetici che potrebbero portare ad apparati assai più piccoli e più veloci degli attuali, sempre in tempi relativamente brevi.
Roma, 16 febbraio 2009
* Physical Review Letters, vol.101 issue 26, 22/12/2008, doi:10.1103/PhysRevLett.101.267201
CNR-INFM
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