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Il ‘pomodoro riciclato Cnr’ sbarca in Canada

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Viene presentato oggi a Toronto, in occasione della Conferenza mondiale sul pomodoro,  uno dei prodotti più utilizzati dalle industrie agroalimentari. E’ una ricerca dell’Icb-Cnr  che promette di ottenere   materiale plastico biodegradabile dai residui della lavorazione 
Tra il 7 e l’11 giugno si terrà a Toronto (Canada) la Conferenza Mondiale sul pomodoro, appuntamento che vedrà ricercatori e produttori di tutto il mondo confrontarsi sugli aspetti tecnologici e industriali del settore.
Nell’ambito di questa iniziativa il Consiglio nazionale delle ricerche sarà presente con una innovativa ricerca, relativa alla possibilità del riciclo degli scarti industriali derivanti dalla lavorazione del pomodoro, in corso all’Istituto di Chimica biomolecolare (Icb) del Cnr in collaborazione con l’Istituto di chimica e tecnologie dei  polimeri (Ictp), entrambi con sede a Pozzuoli.
“Il pomodoro infatti è uno dei prodotti di maggiore interesse per l’industria alimentare mondiale”, rileva Emanuele Fiore, addetto scientifico dell’ambasciata italiana in Canada e ricercatore Cnr. In Italia le industrie agroalimentari, in particolare quelle della trasformazione industriale, interessano quasi il 70 per cento della produzione, pari già a 6 milioni trecentomila tonnellate di pomodori trasformati, con ricaduta in termini di costi e di inquinamento dell’ambiente, per lo smaltimento degli scarti prodotti. La ricerca del Cnr consente di manipolare questi residui, convertendoli in potenziali risorse di sostanze ad alto valore aggiunto”.
Prima dell’apertura della Conferenza, il dottor Fiore presenterà all’Ambasciatore italiano ad Ottawa in Canada, S.E. Gabriele Sardo, la dirigente del progetto scientifico Barbara Nicolaus e una delle ricercatrici protagoniste Giuseppina Tommonaro, che illustreranno i contenuti della ricerca svolta..
 “In sintesi - spiega Barbara Nicolaus dell’Icb-Cnr- lo studio (peraltro presentato in riviste scientifiche internazionali) sta mettendo a punto metodi rapidi di estrazione di polisaccaridi a basso impatto ambientale, di facile applicazione e in grado di fornire alte rese di prodotto a ridotto tempo di trattamento. Inoltre, così trattati, gli scarti hanno potenzialità biotecnologiche per la realizzazione di biomateriali da utilizzare in differenti settori in agricoltura. Per quanto riguarda l’alimentazione, dagli scarti sono stati recuperati, attraverso l’impiego di solventi organici non tossici, sostanze ad attività antiossidante presenti nelle bucce del pomodoro e da utilizzare come potenziali integratori alimentari”.
Il progetto, che sarà poi presentato alla Conferenza Mondiale sul pomodoro, può quindi contribuire a convertire gli scarti del pomodoro in una potenziale risorsa, soprattutto per quei paesi che, come l’Italia, sono poveri in materie prime tradizionali e ricchi di risorse naturali. “Infatti”, prosegue la Nicolaus, “uno stabilimento di medie dimensioni, in Italia trasforma, in una stagione 110 mila quintali di pomodoro fresco producendo almeno 2500 quintali di scarti rappresentati da bucce e semi, con notevolissimo costo economico”.
“La ricerca coordinata dall’Icb- Cnr”, evidenzia infine Fiore, “ha destato notevole interesse anche in America e Canada. Da qui, l’invito dell’Ambasciata Italiana che ha intensificato, sul fronte scientifico e di relazioni internazionali, progetti di studio e di confronto di grande valenza”.

www.cnr.it

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La ricerca dell’Università di Pisa pubblicata sulla rivista Environmental Science and Technology ha analizzato campioni di sabbia raccolti alle foci dei fiumi Arno e Serchio


Particelle piccolissime, quasi indistinguibili dalla sabbia, le microplastiche nelle nostre spiagge sono una forma di inquinamento elusivo e pervasivo con cui è sempre più necessario fare i conti. A far luce sul fenomeno è arrivato un nuovo studio del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa pubblicato su “Environmental Science and Technology”, la rivista dell’American Chemical Society, tra le più autorevoli nel settore tecnologico-ambientale.
La ricerca coordinata dal professore Valter Castelvetro ha analizzato dei campioni di sabbia raccolti nei pressi delle foci dei fumi Arno e Serchio per determinare la quantità e la natura dei frammenti di plastica inferiori ai 2 millimetri. I risultati hanno evidenziato la presenza di notevoli quantità di materiale polimerico parzialmente degradato, fino a 5-10 grammi per metro quadro di spiaggia, derivante per lo più da imballaggi e da oggetti monouso abbandonati in loco, ma in prevalenza portati dal mare. Come tipologia si tratta prevalentemente di poliolefine, di cui sono fatti ad esempio gran parte degli imballaggi alimentari, e di polistirene, una plastica rigida ed economica usata anche per i contenitori dei CD o i rasoi usa e getta. Questi residui variamente degradati sono stati ritrovati in quantità diversa a seconda della distanza dal mare, più concentrati nella zona interna e dunale per effetto della progressiva accumulazione rispetto alla linea della battigia.

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