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Intervista al prof. Sergio Pecorelli

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In data 28-03-2007
Comunicato Stampa Argon 

Anno 4
Edizione Marzo 2007

 

 

Intervista al prof. Sergio Pecorelli* (Conferenza Stampa di presentazione ai Media Italiani del primo vaccino contro il tumore del collo dell’utero Gardasil)

 

*Direttore della Clinica Ostetrico Ginecologica dell’Università di Brescia e presidente della Commissione Oncologia della Federazione internazionale di Ginecologia e ostetricia (Figo)

 

Un vaccino contro il tumore del collo dell’utero. Basterebbero poche cifre per dire che ci troviamo di fronte ad una rivoluzione, un evento storico. In tutto il mondo cinquecentomila nuovi casi l’anno, più di 3500, sempre ogni anno, in Italia. I casi di morte a distanza di cinque anni sono del 35 per cento, in modo particolare tra i 50 e i 70 anni.

 

 

“Ma a questo rosario di cifre - che basterebbero da sole per spiegare il perché della grande attesa di un vaccino per il tumore del collo dell’utero e il perché del grande entusiasmo alla notizia dell’arrivo in Italia di Gardasil - c’è da aggiungere un altro dato: il tumore della cervice è adesso al secondo posto nelle donne, per numero di casi, dopo quello della mammella”.

Parla il professore Sergio Pecorelli, Direttore della Clinica Ostetrico Ginecologica dell’Università di Brescia e presidente della Commissione Oncologia della Federazione internazionale di Ginecologia e ostetricia (Figo).

Professor Pecorelli, la storia di Gardasil inizia da lontano?

E’ proprio così. Gardasil arriva dopo molti anni in cui c’era stata una stasi nella lotta contro questo tumore. Con l’introduzione del Pap-Test si è ottenuta la riduzione dell’80 per cento dei casi di malattia nei Paesi industrializzati. Ma dagli anni ottanta nessun rivoluzionario progresso nel campo della prevenzione è più stato fatto.

E per di più, ancora una volta, tutta l’Europa si è dimostrata carente nella capacità di far giungere messaggi di prevenzione all’opinione pubblica. Il pap test ha avuto successo perché è facile da attuare e, oltretutto, ha un costo contenuto. Con il passare del tempo si è visto che esiste un agente che causa il tumore.

Con il Pap-Test si riuscivano a vedere cellule modificate. Per diversi anni si è sostenuto che non era un virus il responsabile della modificazione delle cellule. Poi si è avuta una svolta, dieci anni fa, quando è stato confermato che il killer era proprio un virus: il papillomavirus. E’ stato un momento molto importante per la conoscenza dei tumori. E’ raro, infatti, trovare una singola causa di un cancro.

Per quanto riguarda il tumore della cervice, una volta identificato il virus, cosa si è scoperto?

Si è visto che esistono tanti genotipi del papillomavirus. Con la diagnostica si è potuto accertare quali donne fossero a rischio tumore, perché entrate in contatto con i genotipi di virus capaci di portare al tumore, e quali invece no. Con il Pap-Test questa certezza non esisteva. Se non c’è il virus non c’è una lesione che può essere l’anticamera del tumore, per esempio la displasia, o non ci sono le condizioni che possono portare alla formazione del tumore.

Si sono fatti studi molto approfonditi in questo campo, l’ultimo e molto importante è quello multicentrico coordinato dal professore Guglielmo Ronco di Torino, una ricerca finanziata dal Ministero della Salute, da otto Regioni e in misura minore dall’Unione Europea. Questa Ricerca ha dimostrato che il test dell’HPV DNA, mirato ad individuare la presenza del papillomavirus ad alto rischio di tumore, è di gran lunga più sensibile del Pap-Test, ponendo perciò le premesse per diventare il test di screening. A questo punto entra in scena il vaccino.

La messa a punto del vaccino ha rappresentato un evento rivoluzionario. Questa arma è diretta a genotipi specifici del papillomavirus: una volta che una donna si è vaccinata il virus non potrà più colpirla e, di conseguenza, non si potrà innescare quel meccanismo che può portare al tumore del collo dell’utero. Gardasil è efficace nei confronti di quattro genotipi, tra i quali il 16 e il 18 quelli a più alto indice di tumore, addirittura responsabili del 75 per cento dei casi di tumore della cervice e dei genitali esterni.

Circa il 75 per cento delle donne sessualmente attive può entrare in contatto almeno una volta nel corso della vita con il virus del Papillomavirus Umano: quanto è alto il rischio per una donna di ammalarsi di tumore della cervice una volta entrata in contatto con il virus?

Fortunatamente per la donna il rischio di ammalarsi di tumore della cervice, una volta entrata in contatto con il virus, è molto basso. Però l’indice di rischio, paragonato ad altri fattori di rischio per altri tumori, è elevatissimo, anzi il più elevato che si conosca. Infatti, se il rischio di avere un tumore per un fumatore di almeno 15 sigarette al giorno è 10, per una donna che si è infettata con i genotipi 16 e 18 il rischio di contrarre il tumore della cervice è ben 500. Solo questo basterebbe a dimostrare che l’arrivo di Gardasil è estremamente importante. Gardasil è arrivato in Italia. Ora bisogna che le donne vengano sottoposte a vaccinazione.

Innanzitutto è importante che vengano vaccinate le giovanissime: una protezione in questa epoca rappresenta per la donna stessa un investimento per la vita. Ma non solo. Devono cogliere questa importante opportunità anche le donne di altre fasce d’età. Meglio se in età giovanile, prima che il virus le contagi e quando sono a maggiore rischio di esposizione. Ad oggi il vaccino può essere somministrato alle donne fino a 26 anni.

Ma è un limite che andrebbe superato e portato, una volta che gli studi in corso lo confermeranno, alla soglia dei 45 anni. L’incidenza maggiore di insorgenza del tumore avviene dopo i 40 anni. E’ fondamentale il ruolo del ginecologo.

Il ginecologo recita una parte eccezionale nella comunicazione con la paziente quando si affronta il discorso della prevenzione. Questo specialista ha in mano diverse armi per quanto riguarda la prevenzione secondaria: il Pap-Test e l’HPV test. Adesso ha un arma in più: quella di Gardasil. Ma è un’arma non facile da illustrare: ci sono infatti culture diverse, c’è da superare antichi preconcetti.

C’è da prendere in considerazione che il principio della vaccinazione non è stato ancora completamente recepito. Si stenta a comprendere come mai l’opinione pubblica non si sia resa conto che dopo la potabilizzazione dell’acqua, proprio le vaccinazioni rappresentano la svolta più clamorosa al servizio dell’umanità. Il ginecologo è a contatto con tutte le figure di donna: dall’adolescente, alla ragazza, alla madre, alla nonna.

E ad ognuna di queste deve fare un discorso diverso. Si tratta di discorsi mirati alla singola paziente convincendola anche a riproporre il messaggio in famiglia, con le amiche e in tutti gli altri momenti di relazione. In questo caso bisogna attribuire importanza al passaparola.

Ma il Ginecologo, insieme al Pediatra e al Medico di medicina generale sono sufficienti per un discorso corale sulla prevenzione del tumore del collo dell’utero?

Queste tre figure di medico sono insostituibili ma vanno inserite in un discorso più ampio. Infatti, si dovrebbero alleare non solo le componenti mediche- non dimentichiamo gli Infettivologi e gli Igienisti, ad esempio- ma anche tutte quelle della Società nel suo complesso.

Esiste in Italia una Legge che favorisce la prevenzione nelle varie regioni, messa a punto alcuni anni fa rispettando una direttiva dell’Unione Europea, non solo per il tumore della cervice ma anche per quelli del colon-retto e del seno.

Al ministero della Salute il compito di coordinatore centrale. Se questa alleanza si realizzerà, certamente la prevenzione potrà fare grandi progressi. Ma non bisogna perdere tempo, bisogna tempestivamente educare i medici perché l’annuncio dell’arrivo di Gardasil in Italia farà aumentare la necessità di informazione da parte delle donne.

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