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OpenAIRE: inizia un nuovo “Secolo dei Lumi”?

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Il 2 Dicembre, in una cerimonia ufficiale tenuta all’Università di Ghent, in Belgio,  Neelie Kroes,  vice-presidente della Commissione Europea e  responsabile della “Digital Agenda” della stessa Commissione, ha annunciato l’avvio operativo di OpenAIRE OpenAIRE è una sofisticata  research infrastructure, di dimensione europea, il cui sviluppo costituisce una priorità sia della Agenda europea del digitale (cfr. IP/10/581, MEMO/10/199 e MEMO/10/200) che dell’iniziativa “L’Unione dell’innovazione” (cfr. IP/10/1288 e MEMO/10/473). Nella sua fase iniziale l’infrastruttura servirà sette Aree Tematiche dell’intero 7° Programma Quadro a cui la Commissione ha dedicato circa il 20% delle risorse economiche. Lo sviluppo tecnologico dell’infrastruttura  OpenAIRE è coordinato dal CNR-ISTI di Pisa.I ricercatori, le imprese e i cittadini dell’UE possono accedere gratuitamente e liberamente ai documenti relativi alle attività di ricerca finanziate dall’UE grazie alla infrastruttura di ricerca OpenAIRE (Open Access Infrastructure for Research in Europe). OpenAIRE intende realizzare  una rete di archivi aperti in grado di offrire gratuitamente un accesso on line alla conoscenza prodotta da ricercatori che hanno ottenuto sovvenzioni da parte del Settimo programma quadro (7°PQ) e dal European Research Council (ERC), in particolare nei settori della salute, dell’energia, dell’ambiente, della tecnologia dell’informazione e della comunicazione, delle infrastrutture di ricerca, delle scienze sociali, degli studi umanistici e della scienza nella società.L’avvio operativo di OpenAIRE è stato inaugurato  il 2 Dicembre in una cerimonia ufficiale tenutasi all’Università di Gand, alla presenza di Neelie Kroes,  vice-presidente della Commissione Europea e  responsabile della “Digital Agenda”, e di molte altre autorità del settore (http://www.openaire.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=193&Itemid=191&lang=en).OpenAIRE è una sofisticata  research infrastructure, che  ospiterà materiale informativo di provenienza controllata, indicizzato e annotato con metodi avanzati, e infine organizzato in una rete di relazioni. OpenAIRE sarà non solo uno strumento di comunicazione fra studiosi di discipline diverse, ma costituirà una opportunità di sviluppo per imprese innovative e di diffusione di conoscenze fino ad ora negate ai cittadini.Nel suo articolato intervento (http://www.libereurope.eu/node/588), Neelie Kroes, ha sottolineato l’importanza di OpenAIRE come “concreto passo in avanti verso la condivisione dei risultati della ricerca finanziata dall’UE per il nostro comune vantaggio. L’informazione scientifica ha il potere di migliorare la nostra esistenza ed è troppo importante per essere tenuta sotto chiave. Inoltre, ogni cittadino dell’UE ha diritto di accedere e trarre vantaggio dalla conoscenza prodotta utilizzando fondi pubblici.”L’operatività di OpenAIRE si tradurrà in importanti benefici per l’intera società europea, tanto da far sorgere la visione di un nuovo Illuminismo, come argomentato da John Willinsky, professore della Stanford University e direttore del Public Knowledge Project (http://pkp.sfu.ca). OpenAIRE sarà infatti uno strumento di accesso alle conoscenze da parte di tutti i cittadini, non solo da parte della comunità scientifica.Máire Geoghegan-Quinn, commissaria responsabile per la Ricerca, l’innovazione e la scienza, ha dichiarato: “Gli scienziati devono poter accedere ai risultati della ricerca per massimizzare il potenziale di ulteriori sviluppi negli stessi settori. Le industrie, non ultime le PMI, devono sapere dove trovare i risultati della ricerca se vogliono avvalersene per creare posti di lavoro e migliorare la qualità della vita. OpenAIRE rappresenterà un importante contributo per migliorare la circolazione della conoscenza scientifica in Europa e sviluppare in tal modo una vera Unione dell’innovazione”. 

Flash News


Al biologico, che copre quasi il 15% delle superfici agricole italiane, va meno del 3% dei finanziamenti europei e nazionali

In occasione del SANA, presentato il dossier alla Festa del Bio a Bologna

Nei nostri campi, chi inquina viene pagato. È all’agricoltura che utilizza pesticidi, diserbanti e fertilizzanti sintetici che va la quasi totalità delle sovvenzioni europee e nazionali: in sostanza, i soldi pubblici servono per sostenere l’utilizzo della chimica di sintesi. La politica agricola comunitaria sovvenziona infatti per il 97,7% l’agricoltura convenzionale. E quando ai fondi Ue si aggiungono anche quelli italiani, il risultato non cambia: al biologico, che rappresenta il 14,5% della superficie agricola coltivata del nostro Paese, va il 2,9% delle risorse. Anche senza tirare in causa i costi consistenti che l’utilizzo della chimica di sintesi e quindi l’inquinamento provocano sulla nostra salute e su quella dell’ambiente, è evidente che si tratta di una palese inversione della regola “chi inquina paga”.
È quanto emerge dal Rapporto “Cambia la Terra. Così l’agricoltura convenzionale inquina l’economia (oltre che il Pianeta)” presentato oggi alla Festa del BIO che si tiene a Bologna in occasione del SANA, la fiera del biologico italiano, da Maria Grazia Mammuccini, responsabile del progetto Cambia la Terra- FederBio; Susanna Cenni, Vicepresidente Commissione Agricoltura Camera; Giorgio Zampetti, Direttore Legambiente; Franco Ferroni, Responsabile Agricoltura WWF; Fulvio Mamone Capria, Presidente LIPU; Lorenzo Ciccarese, Ricercatore ISPRA; Patrizia Gentilini di ISDE International Society of Doctors for Environment – Associazione medici per l’ambiente.

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