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Nasce in Colombia la più grande area protetta per la foresta pluviale tropicale

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Chiribiquete National Park
 C.David Martinez


Duplice vittoria per la conservazione della natura in Colombia: il parco nazionale Serranía de Chiribiquete, situato nel cuore dell'Amazzonia colombiana, è stato ampliato arrivando a coprire 4,3 milioni di ettari e attestandosi come il più grande parco nazionale al mondo a protezione della foresta pluviale tropicale. L’area protetta è stata anche dichiarata patrimonio mondiale dell'UNESCO, grazie al suo enorme valore ambientale, culturale e sociale.


L'annuncio segna il culmine di decenni di sforzi da parte delle organizzazioni e delle autorità colombiane e l'allargamento è il risultato di un'alleanza per la conservazione di nuove aree protette in Colombia, sostenuta dal WWF.
"Si tratta di un traguardo molto importante per l'Amazzonia e per la conservazione delle foreste a livello globale ma anche un passo decisivo per la protezione degli ecosistemi chiave in Colombia ", afferma Mary Lou Higgins, Direttore del WWF-Colombia. "Chiribiquete è davvero speciale per il suo valore biologico, culturale, idrologico e archeologico. È anche di vitale importanza per i gruppi indigeni, alcuni dei quali sono ancora oggi sconosciuti o vivono in isolamento volontario. L'espansione e il riconoscimento di questo posto unico come sito del patrimonio mondiale è un passo significativo verso la sua salvaguardia per le generazioni future".

Chiribiquete è stato dichiarata patrimonio mondiale naturale e culturale dall'UNESCO in riconoscimento del suo "eccezionale valore universale" per la natura e le persone. Il parco ospita migliaia di specie, decine delle quali a rischio estinzione, tra cui il tapiro di pianura, la lontra gigante, il formichiere gigante, la scimmia lanosa colombiana nonché il giaguaro. Il Parco custodisce anche il più antico e grande complesso di pittogrammi archeologici in America, con 50 murales monumentali e più di 70.000 diverse rappresentazioni, alcune risalenti a oltre 20.000 anni fa.
La deforestazione, il cambiamento climatico, l'espansione delle produzioni agricole, il taglio illegale, le colture e gli insediamenti abusivi restano una minaccia significativa per le foreste della Colombia: il 66% della deforestazione del paese avviene nella regione amazzonica.
"L'Amazzonia è una delle 11 regioni al mondo a maggior rischio di deforestazione. Le stime del WWF mostrano che oltre un quarto dell'Amazzonia sarà perso entro il 2030 se continuerà l'attuale trend di deforestazione ", afferma Alistair Monument, WWF Global Forest Practice Leader. "Gli sforzi del governo nazionale per rafforzare le azioni di conservazione rappresentano un'opportunità fondamentale per consolidare un mosaico di aree protette vitale per lo sviluppo sostenibile e il mantenimento dell'Amazzonia, non solo per la Colombia ma per tutto il pianeta".
La gestione dell'area nei prossimi anni sarà supportata da Heritage Colombia, un'iniziativa creata da National Parks of Colombia con il sostegno del WWF e altri partner.

Flash News

Nella mappa tra gli hot-spots più colpiti ci sono Amazzonia, le savane boschive di  Miombo nell'Africa meridionale, l’Australia sudoccidentale e il Mediterraneo

Mancano 10 giorni dall’evento globale su clima e ambiente - Earth Hour

Se le emissioni di CO2 continueranno ad aumentare senza controllo, il mondo è destinato a perdere almeno la metà  delle specie animali e vegetali oggi custodite nelle aree più ricche di biodiversità. A fine secolo potremmo assistere ad estinzioni locali in alcuni paradisi come l’Amazzonia, le isole Galapagos e il Mediterraneo. Anche rimanendo entro il limite di 2°C posto dall’accordo sul clima di Parigi, perderemmo il 25% delle specie che popolano le aree chiave per la biodiversità. È uno dei risultati più allarmanti del nuovo studio pubblicato oggi sulla rivista Climatic Change e realizzato da esperti dell’Università dell'East Anglia, della James Cook University e dal WWF.
Pubblicata a pochi giorni dall’evento globale Earth Hour, il più grande movimento globale per l'ambiente in programma il prossimo 24 marzo, la ricerca ha esaminato l'impatto dei cambiamenti climatici su circa 80.000 specie di piante e animali in 35 delle aree tra le più ricche di biodiversità sul pianeta. La ricerca esplora gli effetti sulla biodiversità alla luce di diversi scenari di cambiamento climatico - dall’ipotesi più pessimista con assenza di tagli alle emissioni e conseguente aumento delle temperature medie globali fino 4.5° C, a quella di un aumento di 2 °C, il limite indicato dall’Accordo di Parigi. Le aree sono state scelte in base all’unicità e varietà di piante e animali presenti. Le savane boschive  a Miombo in Africa, dove vivono ancora  i licaoni, l’Australia sudoccidentale e la Guyana amazzonica si prospettano essere tra quelle più colpite.
In queste aree gli effetti di un aumento di 4.5 °C creerebbe un clima insostenibile per molte specie che oggi vivono in questi paradisi naturali, ovvero:
- Fino al 90% degli anfibi, l’86% degli uccelli e l'80% dei mammiferi si potrebbero estinguere localmente nelle foreste a Miombo, in Africa meridionale
- L’Amazzonia potrebbe perdere il 69% delle sue specie vegetali
- Nell’ Australia sudoccidentale l'89% degli anfibi potrebbe estinguersi localmente
- Nel  Madagascar il 60% di tutte le specie sarebbe a rischio di estinzione locale
- Le boscaglie  del  fynbos nella regione del Capo Occidentale in Sud Africa, che stanno vivendo una fortissima siccità con carenze idriche significative verificatesi anche a  Città del Capo, potrebbero affrontare estinzioni locali di un terzo delle specie presenti, molte delle quali sono uniche di quella regione
Mediterraneo bollente. Il Mediterraneo è tra le Aree Prioritarie per la biodiversità più esposte ai cambiamenti climatici, in cui basterebbe un cambiamento climatico “moderato” per rendere vulnerabile la biodiversità: anche se l'aumento delle temperature si limitasse a 2 °C, quasi il 30% della maggior parte dei gruppi di specie analizzate di piante ed animali sarebbe a rischio. Continuando con gli attuali andamenti , senza cioè una decisa diminuzione delle emissioni di gas serra, la metà della biodiversità della regione andrà persa. Le specie più a rischio sono le tartarughe marine (si tratta di tre specie, la più diffusa è la Caretta caretta) e i cetacei, presenti in Mediterraneo con 8 specie stabili e altre 13 presenti occasionalmente, tutti in sofferenza già per altri tipi di impatto antropogenici. L’innalzamento delle temperature probabilmente supererà la variabilità naturale del passato, rendendo questa zona del pianeta un hotspot dell’impatto climatico. Dovremo aspettarci periodi di siccità in tutte le stagioni, con potenziali stress da calore per gli ecosistemi e le specie  più sensibili, come le testuggini d'acqua dolce, o gli storioni: Questi ultimi sono minacciati sia per il cambiamento del regime di salinità, sia per la riduzione dell'areale idoneo, combinazione drammatica per specie già fortemente indebolite dalla pesca illegale.
Oltre a ciò, l'aumento delle temperature medie e l’irregolarità delle precipitazioni potrebbe diventare la nuova “normalità”, secondo il rapporto, con una significativa riduzione delle precipitazioni nel Mediterraneo, in Madagascar e nel Cerrado-Pantanal in Argentina.

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