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Un oceano sotto la superficie ghiacciata di Titano. Le prime indicazioni dai dati della sonda Cassini
Titano: la più grande luna di Saturno e la seconda del sistema solare. Un corpo celeste affascinante dalle caratteristiche uniche. Distante più di un miliardo di chilometri dal Sole (nove volte più lontano della Terra), ha una gelida superficie alla temperatura di -180° C, composta di ghiaccio d’acqua e idrocarburi liquidi, che occasionalmente formano veri e propri laghi. Il satellite è avvolto da un’atmosfera di azoto e metano (la pressione al suolo è poco superiore a quella atmosferica), con una densa foschia e piogge di idrocarburi. Molto verosimilmente, il metano atmosferico potrebbe aver origine da fenomeni superficiali di criovulcanesimo: fuoruscite di acqua liquida mescolata a idrocarburi che formano coni ampi alcuni chilometri e alti alcune centinaia di metri.
Titano è uno dei principali obiettivi della missione Cassini-Huygens, lanciata il 15 ottobre 1997 da Cape Canaveral. Frutto di una collaborazione tra la NASA, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), è la più complessa e costosa missione planetaria mai effettuata, e anche una delle più ricche di scoperte. Nel gennaio del 2005, la sonda Huygens (realizzata dall’ESA) si è separata dalla sonda madre Cassini ed è discesa mediante un paracadute attraverso la densa atmosfera del satellite, fornendo le prime
immagini della superficie. La sonda Cassini ha invece continuato il suo viaggio nel sistema di Saturno, incontrando ripetute volte Titano e gli altri satelliti ghiacciati. Grazie a numerosi strumenti scientifici e all’antenna di 4 metri di diametro, costruita interamente in Italia da ThalesAleniaSpace, Cassini ha svelato molti dei misteri di Saturno, dei suoi anelli e delle sue lune ghiacciate, oltre a scoprire fenomeni del tutto inattesi.
A causa della densa atmosfera, ricca di nubi opache, la superficie di Titano è difficilmente osservabile con telecamere. Per conoscere le morfologia superficiale occorre affidarsi a un SAR (Synthetic Aperture Radar), uno strumento che illumina il suolo con fasci di onde radio, i cui ritorni vengono nuovamente ricevuti a bordo, codificati e trasmessi a terra, dove vengono trasformati in vere e proprie immagini mediante elaborazione numerica. Le immagini ottenute dal SAR, realizzato in larga parte da ThalesAleniaSpace per conto dell’ASI, hanno permesso di identificare coni criovulcanici, dune, e i primi laghi su un corpo del sistema solare diverso dalla Terra (formati non da acqua, ma da idrocarburi liquidi).
Se osservare la superficie di Titano non è semplice, ottenere informazioni sulla sua struttura interna pone difficoltà ancora maggiori. Le misure non possono che essere indirette, e gli strumenti di indagine a disposizione sono soltanto due: gravità e rotazione. È proprio la rotazione, in particolare la misura della lunghezza del giorno, che ha permesso di fornire la prima, forte indicazione circa la presenza di un “oceano globale”: uno spesso strato liquido, composto da acqua o acqua e ammoniaca, profondo 100-200 km e nascosto sotto la superficie ghiacciata.
Alla scoperta sono giunti indipendentemente due ricercatori italiani di Sapienza Università di Roma, Paolo Persi Del Marmo e Luciano Iess (Dipartimento Infocom e Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale e Astronautica), e un gruppo di studiosi americani del Jet Propulsion Laboratory. Sfruttando le immagini fornite dal radar SAR di Cassini, si è potuto determinare la durata del giorno seguendo lo spostamento di punti caratteristici della sua superficie, quali montagne, laghi, avvallamenti. “Titano gira su se stesso molto più lentamente della Terra: un giorno dura circa 16 giorni terrestri - dice l’ing. Persi Del Marmo - se l’interno del satellite fosse costituito interamente da rocce e ghiaccio, Titano avrebbe dovuto comportarsi come la Luna: il suo periodo di rotazione avrebbe dovuto essere esattamente uguale al periodo di rivoluzione attorno a Saturno. Sorprendentemente, Titano ruota più velocemente intorno al proprio asse per circa 0.36° all’anno rispetto a quanto atteso, e la lunghezza del giorno è più breve di circa 60 secondi.”
Spiegare la piccola discrepanza nella velocità di rotazione di Titano è possibile in maniera piuttosto semplice se si assume che la struttura interna sia formata da uno strato ghiacciato, separato dal nucleo roccioso mediante uno strato liquido che ricopre l’intero satellite. A questa conclusione si è arrivati considerando l’azione esercitata sulla superficie solida del corpo dai venti stagionali presenti nella densa atmosfera del satellite. Per circa 14 anni (metà del periodo di rivoluzione attorno al sole) i venti a certe latitudini spirano prevalentemente in senso ovest-est, mentre per altri 14 anni l’andamento è opposto (est-ovest). Infatti, come accade per la Terra, anche Titano ha le sue stagioni. La circolazione atmosferica, forzata dall’azione della radiazione solare, agisce sul satellite, alterandone la velocità di rotazione. Se Titano fosse interamente solido, l’effetto sarebbe impercettibile, ma se la superficie ghiacciata galleggia su un oceano, i venti sono in grado di spostarla con efficacia molto maggiore. “Con un’analogia semplice, se si spinge un cancello molto pesante si produce una rotazione lenta, mentre esercitando la stessa spinta su un cancello leggero è assai più facile metterlo in movimento e farlo ruotare rapidamente - spiega il prof. Iess - sulla Terra avviene un effetto simile, ma la lunghezza del giorno cambia con le stagioni soltanto di un millesimo di secondo“.
Questo meccanismo era stato ipotizzato nel 2005 da due ricercatori dell’Università di Colonia, che, sulla base di un modello di circolazione atmosferica, avevano predetto una velocità di rotazione diversa da quella di rivoluzione per circa 0.6 gradi all’anno. Le misure di Cassini indicano un valore assai vicino alle predizioni.
Il modello prevede inoltre che la lunghezza del giorno di Titano abbia variazioni stagionali: il minimo dovrebbe essere raggiunto nel 2009, per incrementare progressivamente fino al 2023. Seguire queste variazioni offrirebbe la prova incontrovertibile di questo meccanismo. Afferma Enrico Flamini, responsabile dell’ASI per la missione Cassini: “La missione Cassini avrebbe dovuto concludersi nel luglio di quest’anno, ma un’estensione fino al 2010 dovrebbe essere approvata tra breve dalla NASA, in accordo con l’ESA e l’ASI. Tuttavia le scoperte inattese la possibilità di studiare le variazioni stagionali della circolazione atmosferica hanno spinto il team scientifico della missione a proporre un’ulteriore estensione fino al 2017 che sarà valutata nei prossimi mesi”.
Ulteriori osservazioni permetteranno di inferire con certezza ancora maggiore la struttura interna di Titano attraverso lo studio della gravità e delle maree, temi sui quali stanno lavorando i ricercatori della Sapienza presso il Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale ed Astronautica, in collaborazione con altri scienziati della missione Cassini.
Paolo Persi del Marmo
Dipartimento Infocom e Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale e Astronautica
Luciano Iess
Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale ed Astronautica
Sapienza Università di Roma
Enrico Flamini
Agenzia Spaziale Italiana
Questa ricerca verrà pubblicata nel numero del 21 marzo 2008 della rivista
Science: R.D. Lorenz, B. Stiles, R.L. Kirk, M. Allison, P. Persi del Marmo, L. Iess, J.I. Lunine, S.J. Ostro, S.Hensley : “Titan’s Rotation Reveals an Internal Ocean and Changing Zonal Winds”.
www.uniroma1.it
Roma, 21 marzo 2008
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