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Identificata l’origine dell’emissione ad alte energie della Nebulosa del Granchio
L’energia gamma proveniente dalla Nebulosa del Granchio è polarizzata. Grazie a questa
eccezionale scoperta, in uscita domani su Science e resa possibile da misurazioni effettuate
con il satellite INTEGRAL dell’ESA, un team di ricercatori dell’Università di Southampton e
dell’INAF ha potuto identificare, per la prima volta, l’origine dei fotoni ad altissima energia
emessi dalla pulsar al centro della nebulosa.
La Nebulosa del Granchio, o Crab Nebula, dal giorno della spettacolare esplosione di supernova
che l’ha originata (e osservata dalla Terra circa un millennio fa, il 4 luglio del 1054), sta
funzionando ininterrottamente come un super-acceleratore naturale: la stella a neutroni che
pulsa al suo interno, al ritmo pazzesco di 30 rotazioni al secondo, emette infatti particelle a
energie fino cento volte superiori rispetto a quelle raggiungibili dai più potenti acceleratori
esistenti sulla Terra. Se come ciò avvenga è tuttora una domanda aperta, grazie a un gruppo
di astrofisici dell’Università di Southampton e dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), si è
però ora scoperto dove questa energia viene generata.
Il risultato, che sarà pubblicato domani su Science, è una tappa fondamentale nella
comprensione del funzionamento delle stelle di neutroni. Ed è stato reso possibile grazie alla
ricostruzione di un fenomeno mai osservato in precedenza: la polarizzazione dei fotoni gamma
provenienti dalla Crab. Se identificare i fotoni polarizzati, ovvero perfettamente allineati lungo
un certo asse, è relativamente facile per quanto riguarda la luce visibile (basta infatti un
semplice filtro polarizzatore, come quello di molti occhiali da sole), per la radiazione ad
altissima energia come quella dei fotoni gamma è estremamente complesso.
Il gruppo, guidato dal professor Tony Dean dell’Università di Southampton, ha dovuto
analizzare oltre 600 osservazioni della Crab effettuate con lo strumento SPI—lo spettrometro a
bordo del satellite INTEGRAL dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, e in parte finanziato
dall’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana—e metterle a confronto con un complicato modello al
computer, prima di poter affermare con certezza che circa la metà dei fotoni gamma
provenienti dalla nebulosa sono polarizzati. Ma ne è valsa la pena. Grazie alla polarizzazione,
infatti, Dean e colleghi hanno potuto determinare la provenienza esatta di quei fotoni: il getto
ad altissima energia generato dalla pulsar nel cuore della Crab.
«Osservare fotoni polarizzati», spiega Pietro Ubertini, direttore dell’INAF-IASF di Roma e tra gli
autori dell’articolo, «è un po’ come vedere un gran numero di persone scendere da un autobus
e, invece di andare ognuna per i fatti suoi, incamminarsi tutte, ordinatamente, nella stessa
direzione. Come se qualcosa, sull’autobus, le avesse convinte a ubbidire a qualche ordine. Ma
se parliamo di fotoni gamma, quelle persone dobbiamo immaginarcele come omaccioni grossi,
muscolosi e determinati come non mai a far di testa propria: quale che sia il meccanismo fisico
che li ha messi in riga, deve avere una potenza inimmaginabile».
Un fenomeno sul quale ci sarà ancora parecchio da indagare, dunque, ma che già permette di
formulare qualche ipotesi. «Il notevole allineamento del vettore elettrico di questi fotoni con
l’asse di rotazione della pulsar», commenta Tony Dean, «insieme alla sua conformità con
l’angolo di polarizzazione ottica, rafforza l’ipotesi che entrambi i flussi, quello ottico a bassa
energia e quello gamma ad alta energia, siano generati nello stesso luogo, vicino alla stella di
neutroni. Una scoperta che ha implicazioni importanti per la comprensione degli acceleratori ad
alte energie come la Crab». Senza contare l’impatto che questo risultato può avere sulla fisica
fondamentale, e in particolare su alcune teorie di gravità quantistica: la misurazione della
polarizzazione gamma dalla Crab permette infatti di porre limiti assai restrittivi a quelle che
prevedono una rottura della cosiddetta «invarianza di Lorentz».
Grande soddisfazione per i risultati raggiunti sono espressi da Enrico Flamini, Direttore
dell’Unità di Osservazione dell’Universo dell’ASI: «E’ un ulteriore fondamentale contributo della
scienza italiana per la comprensione delle leggi che regolano l’universo. Un contributo che
proprio recentemente è stato rimarcato ribattezzando, da parte della NASA, il satellite
GLAST, Fermi, dedicandolo così ad un pioniere dello studio delle particelle di alta energie che, tra
l’altro, intuì il meccanismo fisico per accelerare i raggi cosmici che pervadono la nostra galassia
e giungono fino a noi: Enrico Fermi».
www.inaf.it
www.asi.it
Roma, 28 agosto 2008
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