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Darwin e il brutto rospo
L'attualità di Darwin non tramonta. Se ne discuterà una volta ancora a Trento il 12 febbraio inaugurando - nell'anniversario della sua nascita - il Darwin Year. Il programma (mtsn.tn.it/darwinyear2009) prevede una intensa giornata di festeggiamenti, organizzata in momenti di approfondimento di ciò che i principali istituti di ricerca trentina portano avanti in ambito evolutivo (la mattina con un workshop alla Fondazione Bruno Kessler, e nel pomeriggio con una tavola rotonda al Museo Tridentino di Scienze Naturali) e in momenti di spettacolo e di intrattenimento (sempre al museo).
Ma il Museo Tridentino di Scienze Naturali non si limita alle celebrazioni rievocative: è da tempo promotore di ricerche sul campo che hanno portato a importanti scoperte naturalistiche, le quali confermano una volta ancora la teoria evoluzionista darwiniana.
Ne è esempio l'entusiasmante serie di scoperte di specie di rettili e anfibi nuove per la scienza, che Michele Menegon - zoologo del museo - ha di recente effettuato nelle foreste dei monti Nguru in Tanzania, assurte alle cronache scientifiche sulle più importanti riviste internazionali, a cominciare dalla più prestigiosa fra tutte: la rivista Nature.
Sono ben 21 le specie del tutto sconosciute ritrovate in Tanzania dai ricercatori trentini: fra queste di particolare interesse alcune specie di anfibi, dei giganti nel loro genere, che testimoniano evidenti processi di evoluzione adattativa, avvenuta nelle foreste montane della Tanzania. Tra le caratteristiche più appariscenti di questi grandi "rospi" africani è - come ormai iscritto nell'immaginario collettivo - la loro bruttezza, connessa alla presenza sulla loro pelle di numerose ghiandole di dimensioni insolitamente grandi, in apparenza di nessuna utilità per l'organismo animale. L'ipotesi più probabile allo studio lega lo sviluppo di tali ghiandole e l'orrenda sembianza degli anfibi in questione a uno scopo di dissuasione all'assaggio. L'aspetto ributtante funzionerebbe come avvertimento visivo per i predatori che si nutrono di anfibi (un po' come accade per i colori vivaci delle nostre salamandre) e che verrebbero a loro volta avvelenati dalle secrezioni tossiche che essi producono: un meccanismo di difesa naturale sviluppato nel tempo per preservare la specie nell'ambiente ostile della foresta africana. Come a dire che la bruttezza dei rospi ha garantito nei secoli la sopravvivenza della specie.
Ma a garantire la sopravvivenza di ciascun essere vivente non basta l'evoluzione e il conseguente adattamento all'ambiente circostante, fenomeno che è all'origine della biodiversità del nostro pianeta; è necessario che l'ambiente venga preservato in quanto condizione indispensabile alla vita di quegli stessi esseri viventi che - in caso contrario - finirebbero per estinguersi. Se i monti Nguru in Tanzania sono una delle zone più ricche di rettili e anfibi al mondo, 21 delle 92 nuove specie documentate dagli studiosi vivono solo sul plateau sommitale della montagna, anche altri ambienti - molto più vicini a noi, qui in Trentino - sono luoghi di indiscutibile valore conservazionistico che meritano di essere protetti.
www.mtsn.tn.it
Trento, 7 febbraio 2009
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