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IRE: individuate nuove molecole nella terapia personalizzata dei tumori umani
Cell Cycle pubblica uno studio svolto dal Regina Elena con il Weizman e finanziato dall’AIRC
Il cancro è una patologia che si sviluppa a causa di molti fattori, di certo origina dall’aberrante attivazione di geni, gli oncogeni. L’insorgenza e la progressione tumorale è il risultato di attività di geni modificati che in condizioni normali presiedono alle funzioni fisiologiche di una cellula e dal blocco di attività di geni, gli oncosoppressori, la cui funzione principale è il controllo della proliferazione cellulare e dell’integrità del patrimonio genetico. Obiettivo dei ricercatori è trovare “l’interruttore” che accende e spegne il funzionamento corretto delle nostre cellule.
L’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena insieme all’Istituto Weizman di Israele pubblica su Cell Cycle un lavoro che ha portato ad individuare nuove molecole per la terapia personalizzata dei tumori e a interrompere il legame pericoloso di due proteine, che legate insieme compiono seri danni, mentre separate hanno funzioni fondamentali di protezione e di risposta terapeutica.
L’ aberrante produzione di proteine oncogeniche e la ridotta presenza o l’assenza di quelle oncosoppressorie determina l’attivazione dei processi di trasformazione neoplastica di una cellula normale. Le attuali conoscenze nel campo della oncologia molecolare, la scienza che studia la formazione e lo sviluppo dei tumori, hanno dimostrato che l’anomala attività di complessi proteici contribuisce significativamente all’insorgenza di un tumore. Uno dei principali “focus” oggi della ricerca in campo oncologico dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, e non solo, è rappresentato dall’individuare tali complessi proteici e nuove molecole sintetiche in grado di inibire tali attività incontrollate.
I risultati di uno studio finanziato interamente da AIRC è pubblicato sulla rivista Cell Cycle vol. 7, 21 del 1 Novembre, 2008 e nasce dalla collaborazione fra l’Istituto Regina Elena e l’Istituto Weizmann di Israele.
Sono due le importanti conclusioni raggiunte: è stata identificato il complesso proteico fra una proteina ad attività tumorale, p53 mutata, e la proteina oncosprressoria p73, il cui risultato ha rivelato una forte attività oncogenica; l’inattivazione di questo complesso pro tumorale mediante l’uso di piccole molecole rende le cellule tumorali più responsive a vari trattamenti farmacologici.
Le nuove molecole peptidiche sono state disegnate, prodotte e brevettate dall’IRE, e si sono confermate capaci di rompere il complesso p53mutata/p73 e di attivare le funzioni anti-tumorali della proteina p73.
“Tali risultati sono stati possibili – sottolinea la Prof.ssa Paola Muti, Direttore Scientifico IRE - grazie al lavoro di cooperazione del laboratorio di Farmacocinetica e Modelli Animali con la Dr.ssa Di Agostino - già borsista FIRC- e il Dr. Gennaro Citro, del gruppo di studio della Chemioprevenzione Molecolare con la dr.ssa Sabrina Strano ed il Dipartimento di Chimica (Dr.ssa Miriam Eisenstein) dell’Istituto Weizmann. Questa fattiva collaborazione ha permesso la produzione di nuove molecole sintetiche la cui attività antitumorale in vivo sembra specificamente correlata al tipo di mutazione del gene p53, che è mutato nel 50% dei tumori umani.”
”L’ulteriore approfondimento di questi studi – dichiara il Dott. Giovanni Blandino, Coordinatore Scientifico del Rome Oncogenomic Center - sono rivolti all’identificazione di molecole sintetiche specifiche e all’associazione con agenti chemiopreventivi da applicare a pazienti oncologici con specifiche mutazioni del gene p53 e quindi contribuire alle terapie tumorali sempre più personalizzate. “
“Tale studio potrebbe quindi aprire interessanti prospettive grazie alla possibilità di individuare farmaci che simulino l’attività di questi piccoli peptidi – dichiara la Dott.ssa Sonia Lain della University of Dundee , Scotland, nel commento all’articolo apparso sullo stesso numero di Cell Cycle - che tra l’altro svolgono un’azione selettiva, poiché sono dannosi per le cellule tumorali con p53 mutato, o almeno con un particolare tipo di mutazione di p53, pur avendo effetti trascurabili sulle cellule normali.
Molti altri studi IRE su questo filone sono diretti e focalizzati ad interrompere i processi di trasformazione neoplastica mediante l’identificazione di nuove molecole che vadano ad interferire o inattivare gli “interruttori” oncogenici.
Riferimenti articoli:
“The disruption of the protein complex mutantp53/p73 increases selectively the response of tumor cells to anticancer drugs”, Silvia Di Agostino, Giancarlo Cortese, Olimpia Monti, Stefania Dell Orso, Ada Sacchi, Miriam Eisenstein, Gennaro Citro, Sabrina Strano and Giovanni Blandino. Cell Cycle vol. 7- issue 21 Pages: 3440 – 3447,
1 November 2008.
“If p53 can't do it, ask p73”, Sonia Lain. Cell Cycle vol. 7- issue 21 Pages: 3287 - 3291,
1 November 2008.
Lorella Salce
Capo Ufficio Stampa IFO
www.ifo.it
Roma, 3 novembre 2008
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