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IRE: una proteina si conferma ottimo fattore prognostico per le cure del mesotelioma
Pubblicato uno studio di farmaco genomica per combattere un grave tumore maligno
Il mesotelioma è una neoplasia maligna che origina dalle cellule mesoteliali che rivestono le cavità del nostro corpo, in particolare pleura e peritoneo. Circa il 90-95% di questi tumori origina dalla pleura e il 5-10% dalla seriosa peritoneale, è raro che insorgano nel pericardio e nella tunica vaginale. L’incidenza “naturale” di questa neoplasia è sempre stata molto bassa (meno di un caso per milione di persone per anno), ma tale peso aumenta in maniera molto significativa nelle popolazioni esposte all’asbesto con circa 6 casi ogni 100.000 persone. L’ampio uso di questo metallo comunemente detto amianto in un certo periodo storico, la stretta correlazione tra la popolazione esposta e l’insorgenza del mesotelioma, insieme alla lunga fase di latenza prima che la malattia si manifesti e alla diagnosi spesso tardiva, fanno porre l’attenzione dei ricercatori su quella che presto potrebbe esplodere come catastrofe post-industriale. Ricercatori dell’Istituto Regina Elena (IRE) e dell’Università di Napoli hanno di recente pubblicato su “Pharmacogenomics” uno studio in cui dimostrano la validità della proteina HtrA1 quale mediatore endogeno in grado di predire la risposta alle attuali terapie chemioterapiche. I risultati aprono ad ulteriori studi in vitro e in vivo per modificare prima possibile la storia naturale del tumore del mesotelioma.
Nel mondo occidentale l’asbesto o amianto, durante il 20° secolo, è stato ampiamente utilizzato durante i processi di industrializzazione. Si calcola che a partire dal 1900 e fino al 2003 siano state estratte circa 182 milioni di tonnellate di asbesto, con un picco di 5 milioni solo negli anni settanta. “Il periodo di latenza è in genere molto lungo (25-45 anni) – spiega il Dott. Alfonso Baldi, del dipartimento di biochimica e biofisica della seconda Università di Napoli, che ha condotto lo studio insieme a numerosi specialisti dell’Istituto Regina Elena.- La correlazione tra esposizione all’asbesto e insorgenza di mesotelioma è così stretta, che è possibile definire coorti di individui ad alto rischio “ex-esposti”.
La diagnosi di mesotelioma nella maggior parte dei casi viene posta già in fase avanzata del tumore, i sintomi clinici quali tosse, dispnea, dolore toracico, versamento di liquido pleurico portano a successivi esami strumentali del torace e all’analisi istologica del tessuto tumorale, utile per confermare la diagnosi. L’approccio multidisciplinare, metodologia da tempo in uso presso l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma risulta ottimale, in particolare quando la malattia è allo stadio iniziale e si può prevedere anche un intervento chirurgico.
La chemioterapia recentemente ha ottenuto risultati interessanti, grazie allo sviluppo di nuovi farmaci, in particolare il pemetrexed appartenente alla classe degli antimetaboliti. Da solo o in associazione con il cisplatino, pemetrexed è diventato il farmaco standard nel caso di mesoteliomi in stadi avanzati, ma nonostante ciò rimane bassa la percentuale di sopravvivenza a dodici mesi dalla diagnosi.
“Individuare marker di diagnosi precoce e potenziali bersagli di terapie biologiche – sottolinea la Prof.ssa Paola Muti Direttore Scientifico IRE - è l’obiettivo che si sono posti i ricercatori nell’estrema necessità di meglio definire i meccanismi molecolari alla base dei fenomeni di patogenesi e progressione neoplastica del mesotelioma.”
L’Istituto Regina Elena da diversi anni, anche in collaborazione con il gruppo di ricerca del prof. Alfonso Baldi, studia il ruolo nella biologia del cancro di una proteina essenziale alla vita: la serina proteasi umana HtrA1, presente sia nei batteri che negli uomini. I pochi dati in letteratura sulle funzioni di questa proteina negli organismi superiori indicano che i suoi livelli trascrizionali vengono modificati in situazioni patologiche sia di natura infiammatoria-degenerativa che neoplastica.
Il gruppo di ricerca del prof. Baldi in collaborazione con l’Istituto dei tumori Regina Elena, è stato il primo a caratterizzare il ruolo di HtrA1 come oncosoppressore, in quanto l’elevata espressione di HtrA1 nelle cellule neoplastiche riduce la proliferazione e le capacità migratorie di tali cellule. Questa osservazione è stata poi confermata da diversi altri studi internazionali.
In collaborazione con il Cancer Center della Mayo Clinical di Rochester (USA), il prof. Baldi ha dimostrato in precedenza che HtrA1 agisce come mediatore endogeno dell’azione del cisplatino nelle cellule neoplastiche e che i livelli della sua espressione sono in grado di predire la risposta al trattamento con cisplatino nei tumori dell’ovaio e dello stomaco.
Si è pertanto deciso di analizzare l’espressione di HtrA1 in un vasto gruppo di mesoteliomi trattati presso l’Istituto dei Tumori Regina Elena e la Seconda Università di Napoli e lo studio ha dimostrato che l’espressione di HtrA1 coincide in maniera significativa con la sopravvivenza dei pazienti: maggiore era l’espressione di HtrA1, maggiore era la sopravvivenza dei pazienti.
Questa osservazione permette di annoverare HtrA1 tra i pochi marker prognostici molecolari del mesotelioma. E’ possibile ipotizzare che modificando i livelli di espressione di HtrA1 nelle cellule neoplastiche, si possa rendere tali cellule meno aggressive e più sensibili al trattamento con cisplatino. Studi in vitro e in vivo su animali di laboratorio sono attualmente in corso presso l’Istituto Regina Elena per definire le procedure molecolari più idonee per determinare un aumento di espressione di HtraA1 nelle cellule neoplastiche e per analizzare gli effetti di tale iper-espressione sulla storia naturale di questo tumore maligno.
Riferimenti articolo: “The serine protease HtrA1 is a novel prognostic factor for human mesotelioma”- Pharmacogenomics (2008) 9(8), xxx-xxx
www.futuremedicine.com
Lorella Salce
Capo Ufficio Stampa IFO
www.ifo.it
Roma, 22 ottobre 2008
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