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Anno 8 Numero 355

Direttore Responsabile Guido Donati

 

La preziosa voce di Giovan Battista Rubini 

 

di Marina Pinto

Giovan Battista Rubini fu uno dei più grandi ed illustri tenori dell’800. Nacque a Romano di Lombardia il 7 aprile 1794, ricevette i primi rudimenti musicali dal padre, che di professione faceva il sarto ma che era anche un ottimo suonatore di corno da caccia, ed iniziò a cantare in piccoli intrattenimenti locali già all’età di 12 anni. 
La svolta della sua vita avvenne a Bergamo, proprio nella sartoria in cui il padre l’aveva collocato per “imparar l’arte”, dove, mentre cantava beatamente svolgendo il suo lavoro, fu udito da un musicista che passava per caso per quella strada (era forse il tenore Nozzari), il quale, sentendo quella stupenda anche se pur immatura voce, avvicinò il giovane operaio e lo indirizzò allo studio del canto presso la Pia Scuola di musica di Bergamo diretta da Simone Mayr, la stessa in cui studiò anche Gaetano Donizetti.
La carriera di Rubini iniziò per cosi dire “dalla gavetta”, cantando nei cori delle compagnie itineranti, fino a che il più importante impresario dell’epoca, l’astuto e potente Domenico Barbaya, che aveva un orecchio assai fino per quanto riguardava le voci dei cantanti, non lo scritturò per i teatri di Napoli e di Vienna; era il 1815, ed in quel momento iniziò la più straordinaria carriera canora che un tenore possa vantare. La sua splendida e potente voce risuonò nei più bei teatri italiani ed europei, e ci furono molti musicisti, fra cui Bellini e Donizetti, che scrissero opere con parti adattate solo per la sua voce nella speranza di averlo fra gli interpreti, fino a che nel 1818 ci fu per lui il debutto alla Scala di Milano in un opera di Rossini. 
Rubini fu poi a Vienna, a Roma, a Napoli, a Palermo e a Parigi, ma fu nel 1827 che, lavorando con Bellini alla messa in scena del “Pirata”, egli, da vero usignolo del virtuosismo vocale, entrò nella storia della musica contribuendo fattivamente al passaggio dall’opera settecentesca al melodramma dell’800. Da quel momento i regnanti di tutta Europa fecero a gara per invitarlo a corte o per ascoltarlo in teatro per gustare le sue incredibili capacità vocali, mentre nei salotti colti delle capitali europee si narravano le sue imprese artistiche, e stuoli di ammiratori lo seguivano addirittura quando faceva dei viaggi di piacere nella speranza di sentirlo cantare “fuori programma”. 
Bene, nonostante questa fama e questo successo (che avrebbero montato la testa a chiunque), Rubini mantenne sempre una grande sobrietà di comportamento ed una grande professionalità, ma soprattutto un livello di sensibilità umana veramente raro. È chiaro che stiamo parlando di un personaggio unico, un vero artista del canto, ma, al contrario di tanti suoi colleghi, Rubini fu anche un uomo vero nella vita. Infatti non fu mai né vanaglorioso, né superbo, né tantomeno capriccioso o prepotente (la storia del teatro musicale annovera decine di cantanti con queste caratteristiche), egli, a dispetto di tutto il clamore che gli si faceva intorno, fu anzi un uomo semplice, devoto alla famiglia e legato alla sua terra, al punto da rimandare alcuni concerti per “potersi riposare nella sua Romano”, o di arrivare a scrivere da Madrid, dopo una prima della “Sonnambula”: “Il mio cuore, il mio pensiero è a Romano…”. In un epoca i cui l’opera era la più straordinaria forma di "arte-intrattenimento", i cantanti erano trattati come dei veri sovrani e pagati con cifre al cui paragone le moderne star del Rock o gli attuali idoli sportivi sono solo dei benestanti, il Rubini fu ricercato come nessun altro, ma mai ne approfittò.

Anche se rifiutò diverse richieste da parte di Donizetti ad interpretare certe sue opere, appena lo seppe gravemente malato si precipitò al suo capezzale per cantare alcune sue arie nel tentativo di sollevarlo dal male. Una volta, dopo un concerto, uscì richiamato dagli applausi più di 50 volte, ma in un’altra occasione, in cui il suo accompagnatore pianistico era nientemeno che Franz Listz, visto che il calore del pubblico non era quanto si fosse aspettato, pensò bene di ricompensare del mancato entusiasmo tutti gli spettatori invitandoli a cena dopo lo spettacolo.
Nei suoi viaggi in Russia veniva accolto al confine da un corriere del governo, ma il giorno dopo il suo memorabile “addio alle scene”, che avvenne il 17 febbraio del 1845 a Pietroburgo, egli rifiutò l’invito personale dello Zar di Russia per un ricevimento a corte. Lo zar insistette mandandogli a casa la sua stessa figlia per rinnovare l’invito, ma il Rubini, levato l’orologio dal panciotto, rispose “Altezza, mi dispiace, ma è mezzanotte, ed a quest’ora la mia voce è sempre a letto”.
Ritiratosi definitivamente dalle scene, Rubini tornò stabilmente nel suo paese, dove distribuì generosamente il suo impegno civile a tutto il territorio: fu infatti consigliere comunale a Romano, a Caravaggio e a Fabbriciere della Parrocchia, aiutò tutti coloro che versavano nel bisogno, anziani, indigenti, orfani militari e carcerati, e diede concerti per aiutare le varie associazioni benefiche di cui fu sempre sostenitore. Rubini amava ricordare che “… la fortuna talvolta è mal distribuita, ed io ne feci incetta…”, ed ebbe sempre un occhio ai bisogni degli altri, fino al suo testamento, che fu un vero atto di umana ed intelligente carità.
Infatti in quel testamento, Rubini dette incarico alla moglie - fedelissima esecutrice delle sue volontà - di fornire un dignitoso vitalizio alle sue tre sorelle, ma di destinare molte delle sue ingenti ricchezze alla creazione di stabili istituzioni a carattere sociale a pieno beneficio della cittadinanza; ecco quindi nascere un orfanotrofio maschile, una scuola ginnasiale di 8 classi, una casa di riposo per Artisti della Musica e un’altra lunga serie di impegni sociali che hanno lasciato chiari e efficaci i loro segni fino ad oggi.
Nella storia della musica troviamo un altro personaggio come lui? Non certo fra i cantanti, ma la stessa generosità, l’altruismo e la modestia intese come vera virtù furono le caratteristiche di un’altra personalità importante del mondo della musica, e parliamo del grande Giuseppe Verdi, le cui opere – sociali e musicali – ancora lo celebrano nel mondo e nella storia.

Roma, 29 gennaio 2009

 

 

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