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Anno 8 Numero 361

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Wolfgang Amadeus Mozart: “Ave Verum Corpus” K.618 

 

di Marina Pinto

La nascita di questa piccola e breve pagina di musica, così bella e delicata, perfetta in ogni sua parte, è legata ad una storia singolare che vale la pena di raccontare.
Mozart (1756-1791) aveva molto spiccata la capacità di cogliere l’elemento fastidioso e ridicolo della vita quotidiana, e ne era anche piuttosto intollerante; la sua vita fu, infatti, tutta una avversione, talvolta anche rabbiosa, al doversi adeguare alla routine e alle formule prestabilite. Naturalmente questa ribellione gli causò moltissimi problemi, perché in un clima come quello della sua epoca era impensabile potersi ribellare ai propri compiti, dato che un compositore doveva necessariamente scrivere musica secondo le regole ed i desideri dei sovrani o dei prelati che la commissionavano, ed egli in realtà ottemperò ai suoi doveri, ma sempre con un sottofondo di scontentezza che mai lo abbandonò. 
Anche la vita quotidiana era per Mozart fonte di noia e spesso di stress, le lettere che egli scrisse ai suoi familiari ed agli amici sono spesso colme di lamentele per dover far questo o far quello, egli aveva sempre “una gran voglia di non avere voglia”, insomma, era un insofferente nato.

Solo pochi mesi prima di morire (nel Giugno del 1791) Mozart ebbe dei contatti con Anton Stoll, un maestro di scuola e direttore di coro di Baden, con il quale egli aveva dei rapporti lavorativi, anche se non frequenti. Stoll aveva chiesto a Mozart di scrivere per lui delle musiche per il suo coro, ma il compositore era annoiato per questa richiesta, in poche parole non era entusiasta di questo lavoro; ma poiché le entrate erano poche e le esigenze della famiglia tante, Mozart scrisse diversi pezzi per il maestro Stoll e per il suo coro, ma questi non se ne mostrò contento. 
Allora Mozart scrisse un’ultima lettera per spiegare al maestro tutte le caratteristiche dei pezzi che gli aveva mandato e di come essi dovessero essere interpretati dai coristi, e alla fine vi aggiunse un post-scriptum in cui si leggeva: “Questa è la lettera più stupida che abbia mai scritto in vita mia, ma per lei va benissimo”. Il che non fu particolarmente gentile nei confronti di Stoll, ma si può supporre che egli fosse avvezzo al cattivo umore di Mozart, che del resto aveva scritto per lui musica di gran pregio.

In seguito però Mozart si pentì di quelle parole, e poiché aveva un certo rispetto per i maestri più anziani di lui, per scusarsi dell’accaduto mandò al maestro Stoll un “Opusculum” di sole 46 battute: il mottetto in re magg. “Ave Verum Corpus” K.618. 
Certamente non si accorsero – nessuno dei due – che si trattava di una delle sue pagine di musica più grandiose, forse Mozart stesso se ne dimenticò in fretta dopo la stesura, ma il mottetto rimane a testimonianza del suo grande genio che veniva fuori anche quando egli non aveva voglia di scriver nulla.

“AVE VERUM CORPUS, natum de Maria virgine
Vere passum, immolatum in cruce pro homine;
cuius latus perforatum unda fluxit et sanguine.
Esto nobis praegustatum in mortis esanime”.

Questo testo, che con la sua mancanza di trascendenza e la sua metrica zoppicante resterà sempre estraneo a chi non conosce il latino liturgico come preghiera, sottraendolo così alla critica stilistica. Ma per Mozart questo linguaggio era abituale, anche se, nonostante la religiosità che la musica di questo mottetto esprime, è senz’altro azzardato parlare di fervore religioso; sappiamo tra l’altro che Mozart scrisse pochissima musica di carattere sacro, ma niente gli riusciva più facile dell’immedesimazione momentanea, ma totale, nell’oggetto o nella tematica dell’incarico ricevuto. 

L’“Ave Verum” ha una musica davvero bellissima, testimonianza di infallibile intelligenza drammatica e di quel dono della sintesi che pochi altri artisti hanno avuto. Mozart ha riversato in questo breve brano un sentimento religioso senza pari, la musica prende vita come sempre dal suo sentimento, e in questo caso è l’ interpretazione personale di un argomento sacro. 
In favore della recitazione Mozart rinuncia alla suddivisione in versi ed anche alle rime, peraltro imperfette, le cui assonanze cadono solo sulle due ultime sillabe non accentate, una piccola incombenza anche questa volta padroneggiata con somma maestria, due pagine grandiose per fare un regalo ad un maestro di scuola, scritte senza errori e senza la minima cancellatura, frutto di forse un’ora di lavoro, una sublime evocazione “sottovoce” scritta per porre delle scuse per una lettera definita “la più stupida della sua vita”.

Roma, 12 marzo 2009

 

 

 

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