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di Marina Pinto
Nell’Europa del XVII e XVIII secolo ogni opera musicale che veniva presentata doveva necessariamente passare per il giudizio degli uomini di chiesa, e questa era una disposizione che non poteva essere aggirata in nessun modo, tanto che anche i vari sovrani che commissionavano musiche ai compositori ne tenevano conto.
Soprattutto in Italia, ed in particolare a Roma, tale ordinamento era fortemente sentito, ed accadeva talvolta che qualche compositore poco accomodante dovesse attraversare non poche traversie per far accettare la sua opera così come l’aveva scritta ed allo stesso tempo accontentare i gusti imperanti della corte papalina.
All’inizio del ‘700 il giovane Haendel si trasferì a vivere a Roma, e ne rimase assolutamente incantato. A quel tempo la città di Roma era sinonimo di eccellenza artistica, il suo lato barocco offriva spazi ed ambienti meravigliosi adatti in tutto e per tutto alle sonorità della sua musica, e per questa peculiarità essa richiamava i musicisti da ogni parte del mondo; allo stesso tempo Roma era la città che ospitava il seggio di San Pietro, laddove vi si esercitava l’onnipotenza ecclesiastica, per cui l’influenza del papa era tale da imporre l’accettazione di alcuni lavori o la totale messa al bando di altri.
Ma tutto questo non si limitava alla musica sacra, anche le rappresentazioni delle opere teatrali erano oggetto di attenzione da parte della chiesa, e la presenza delle donne sui palcoscenici era il primo scoglio che molti compositori dovevano superare. Infatti, per preciso ordine della chiesa, già dal XVI secolo alle donne era vietato di interpretare ogni tipo d’opera, e quindi le voci femminili dovevano essere necessariamente sostituite con quelle dei cantanti castrati.
Ma nel 1703, proprio a Roma, Haendel compose l’opera “La Resurrezione”, in cui era necessaria la presenza di una donna - quella che doveva interpretare la parte della Maddalena - ed alla prima rappresentazione di questo lavoro ci furono dei seri problemi.
La prima romana del lavoro fu eseguita l’8 Aprile 1708, nel giorno di Pasqua, a Palazzo Ruspoli, in un teatro appositamente costruito per quell’evento all’interno dell’edificio, e fu uno spettacolo allestito in pompa magna, con una nutrita orchestra di più di 50 elementi guidata da Arcangelo Corelli, che era il più importante musicista romano di quel tempo, lo stesso Haendel al clavicembalo ed una solista d’eccezione, quale l’allora era la famosa cantante Margherita Durastanti, con in più un numeroso pubblico ansioso di ascoltare la musica del grande sassone.
Per quell’occasione il marchese Ruspoli non badò a spese, ma nonostante la magnificenza dell’allestimento e la bellezza della musica, giunse inevitabile un severo ammonimento di papa Clemente XI nei confronti di Haendel, per le libertà che si era concesso nel comporre quell’opera, e soprattutto per non aver rispettato il divieto della presenza delle donne sulla scena teatrale. Forse Haendel non era del tutto al corrente di questa proibizione – nei paesi anglosassoni questa regola non esisteva - o piuttosto non ne tenne conto data l’esigenza scenica del lavoro, ma la conseguenza fu che nelle successive repliche del lavoro la parte della Durastanti fu interpretata da un cantante castrato per un preciso ordine papale.
Ma “La Resurrezione” fu comunque un vero capolavoro, ne furono stampate 1500 copie, e, nonostante il monito papale – o forse proprio per questo - essa suscitò tanto di quel clamore da creare un vero e proprio conflitto fra i vari intellettuali che si occupavano di musica, tra quelli che la condannavano e quelli che l’adoravano, ed anche fra i cardinali, come Pietro Ottoboni e Benedetto Pamphili, che la volevano conservare intatta come Haendel l’aveva concepita, tanto che alla fine si giunse ad un compromesso.
Così l’opera venne semplificata e spogliata di ogni adornamento tipico della messa in scena per trasformarsi in un oratorio. Tale forma musicale era senz’altro più adatta al gusto chiesastico, ed anche se la cantante donna non venne certo riammessa a cantare e la struttura del lavoro rimaneva sempre una sequenza di recitativi ed arie, l’argomento biblico era il vero protagonista del lavoro, che così diventava un momento educativo e riflessivo per chi lo ascoltava. Haendel si dedicò con molta attenzione alla trasformazione del suo lavoro da opera teatrale ad oratorio, curando sempre la drammaticità della vicenda e lo stupore che essa raccontava, ed anche nella sua nuova versione “La Resurrezione” apparve perfetta, una vera opera-oratorio di grande efficacia drammatica e musicale.
L’oratorio fu ripresentato al grande pubblico, ed anche dopo questa modifica il lavoro non mancò di stupire e di emozionare gli ascoltatori, questo “limite” alla messa in scena non fu fuorviante né inibente per il compositore, e l’opera si presentò bellissima, con un colore orchestrale ricco e vario, un fraseggio articolato e virtuoso e la presenza elegante e regale dei cantanti, che offrirono nel loro canto un ampio ventaglio di espressioni profondamente intrise di sentimento ed intensità non certo troppo distanti da quelle dell’opera.
Forse “La Resurrezione” poteva restare un’opera teatrale senza sacrifici per la messa in scena né altre censure di sorta, tanto che ancora oggi essa è in effetti in una posizione intermedia fra i due generi del melodramma e dell’oratorio, è un lavoro che da solo celebra in maniera mirabile la grande tradizione musicale barocca nonché la grandezza del genio haendeliano.
Roma, 19 marzo 2008
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