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di Marina Pinto
Il termine Gospel indica genericamente un genere musicale di tipo religioso nato nelle chiese afro-americane del sud degli USA al tempo della liberazione degli schiavi neri (più o meno la fine del XIX secolo), ed era una manifestazione spontanea legata strettamente alla fede. Del resto la stessa parola Gospel è indissolubilmente connessa alla religione (nella lingua inglese Gospel significa Vangelo), ed infatti la struttura dei canti gospel è simile a quella dei salmi della chiesa scozzese presbiteriana, dove durante le celebrazioni religiose il pastore canta una riga del salmo e l’assemblea risponde ripetendola ed arricchendola di variazioni, prova ne è che in questa musica ci sono grandi cori cui fa da contraltare un cantante solista.
Il perché di questa somiglianza va ricercato nel momento della nascita del Gospel, ossia a quando i predicatori battisti e metodisti giunti dall’Europa convertirono gli schiavi al Cristianesimo e fusero i canti della tradizione religiosa inglese con quelli del folclore nero, chiamati spirituals, creando in definitiva una rielaborazione in chiave cristiana della musica rituale africana. Lo schema dei canti gospel era - ed è - sempre lo stesso: un solista pronuncia ad alta voce una frase generalmente tratta dalle Sacre Scritture, ed il coro la ripete subito dopo riproducendo l’iniziale intonazione e poi variandone il fraseggio ed il ritmo tratteggiando una melodia sempre diversa, spesso anche improvvisata.
La consuetudine di cantare in coro durante le celebrazioni si diffuse nelle Chiese dei Santi all’incirca 80-90 anni fa, durante le quali gli officianti incoraggiavano i singoli fedeli a “dare testimonianza” della loro fede parlando, cantando o suonando e talvolta anche danzando spontaneamente. Negli anni ’20-’30 gli artisti impegnati in questo tipo di musica erano spesso predicatori che si spostavano da una parrocchia ad un’altra, diffondendo pian piano uno stile musicale che aveva origini miste di canti popolari, canzoni blues ed altre derivazioni jazz, portando inoltre nelle chiese l’abitudine alla musica strumentale con percussioni, chitarre o fiati.
Naturalmente tutto questo creò sempre non poche polemiche e resistenze nell’ambito delle chiese conservatrici, che considerarono il tutto come una manifestazione mondana e peccaminosa, nulla di più lontano di quanto la musica religiosa era stata fino ad allora o dovesse mai essere, ma il nuovo stile aprì possibilità importanti per molti artisti che poterono finalmente usare il proprio talento nelle canzoni mentre incitavano i fedeli a “gridare” ed a “buttar fuori” tutto ciò che il loro credo religioso gli suggerisse.
Le prime formazioni gospel iniziarono con dei gruppi di quattro o cinque elementi, e tali strutture ebbero la loro epoca d’oro negli anni ’40 e ’50 con insiemi formati di uomini e donne, o anche di sole donne, principalmente voci soliste cui si aggiungeva un coro numeroso. Il complesso di voci era strutturalmente organizzato e disciplinato con cura, con arrangiamenti complessi atti a spingere al massimo la forza vocale per arrivare ad un ritmo propulsivo e coinvolgente che trascinava intere folle di fedeli.
La musica gospel, pur con un percorso accidentato e niente affatto semplice, ha avuto una grande diffusione negli USA, ed è stata liberatoria e fortemente incisiva nella vita dei neri d’America dell’ultimo secolo, tanto che, durante gli anni della repressione e segregazione formale, essa servì come una forma nascosta di protesta politica. Strofe come “When I get to Heaven I'm going to sing and shout / 'Cause nobody there's going to turn me out” e “I know my robe's going to fit me well / 'Cause I tried it on at the gates of hell” (“Quando andrò in cielo canterò e griderò / Perché nessuno mi zittirà”, e “So che la mia veste mi starà a pennello / Poiché l'ho provata alle bocche dell'inferno”) avevano un significato importante per coloro i quali non potevano rivendicare i propri diritti umani in un mondo che non voleva ascoltarli.
Il Gospel è entrato nei repertori americani lentamente, vuoi per una forma di disattenzione verso certe manifestazioni, vuoi per una sorta di “razzismo accademico” che precludeva ogni forma musicale popolare all’interno delle celebrazioni religiose. Oggi i canti gospel sono definiti canti popolari su temi evangelici, ma la loro origine – come del resto tutta la tradizione jazzistica - risale a quando essi venivano malinconicamente intonati dai neri schiavi deportati in America dall’Africa per alleviare le fatiche del lavoro forzato nelle piantagioni di cotone.
All’inizio del XX secolo ci si accorse che il patrimonio dei gospel e degli spirituals era diventato grandissimo, e ne iniziò una raccolta ed uno studio accurato ed approfondito dello stile e del significato. Così tali canti, epurati dalla rozzezza armonica della loro provenienza africana, riarrangiati e riarmonizzati secondo le regole classiche ma anche jazzistiche, divennero assai ricercati, ed importanti autori e gruppi musicali li diffusero in tutto il paese americano, dove furono – e sono - eseguiti dappertutto.
Fra i grandi nomi che coltivarono e fecero conoscere a livello mondiale questo genere musicale ricordiamo Thomas A. Dorsey, considerato il padre della Gospel Music, che fu compositore, arrangiatore ed accompagnatore di interpreti famosi come Bessie Smith e Ma Rainey, e fu grazie a lui che la storia della musica jazz può annoverare grandissimi nomi, uno per tutti il recentemente scomparso Ray Charles.
Roma, 21 maggio 2008
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