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Anno 7 Numero 341

Direttore Responsabile Guido Donati

 

I compositori del bel canto: Rossini, Bellini e Donizetti 

(seconda parte) 

 

di Marina Pinto

Vincenzo Bellini non ebbe l'indole facilona di Rossini e Donizetti, in quanto cercò di rendere più particolari le sue opere, e forse prese anche più seriamente la sua arte, per cui si discostò dai sistemi precostituiti (anche se di pochissimo). I due suoi accomodanti contemporanei invece non si presero mai la briga di modificare una formula che aveva tanto successo: infatti in tutte le opere di Rossini e di Donizetti ci sono in verità momenti di sciatteria, auto-plagio e cinismo, ed ecco perché la stragrande maggioranza delle loro opere è ormai scomparsa. Di Donizetti chi ha mai sentito o sentirà mai “Chiara e Serafina”, “Torquato Tasso” o “Belisario”? E di Rossini “Elisabetta regina d'Inghilterra”, “Torvaldo e Dorliska”, “Adelaide di Borgogna”? 
Rossini, che sopravvisse a Bellini e a Donizetti, fu senz’altro il più grande dei tre. Geniale, spiritoso e scintillante, aveva un talento melodico che non gli veniva mai meno; “Datemi la lista della lavandaia e ve la metto in musica”, si vantava. L'impeto, lo spirito, l'umorismo irresistibile della sua musica e l'inconfondibile personalità lo rivelarono subito come un compositore speciale. A ventun anni era già famoso in tutto il mondo: appena rappresentate le sue opere entravano immediatamente a far parte del repertorio internazionale.
Fu soprattutto la melodia a renderlo famoso, e anche Wagner, sia pure a malincuore, dovette riconoscerlo. “Rossini” - scrisse – “ha voltato le spalle al pedantesco guazzabuglio di pesanti spartiti e ha ascoltato dove la gente canta senza note scritte. E ha sentito quello che, tra tutti gli espedienti dell'opera, era rimasto più spontaneo nell'orecchio: la melodia nuda, che accarezza l'orecchio, che è assolutamente melodica, che è, insomma, solo melodia e nient'altro”. Con un misto di esasperazione e di ironia Wagner concludeva che, con Rossini, finiva “la storia dell'opera a somiglianza della vita reale”, perché venivano spazzate via le pretese di dramma e il compito dell'esecutore era quello di far sfoggio del virtuosismo. 
Il “Barbiere di Siviglia” di Rossini fu la più grande di tutte le opere buffe, quella che fece divampare in tutti i teatri d'opera d'Europa la passione per la musica rossiniana. Rossini ebbe un certo fegato a scrivere un'opera su quell'argomento. Giovanni Paisiello, compositore importante e popolarissimo, nel 1782 aveva scritto un “Barbiere” che era stato amato, ammirato e che aveva goduto di un'immensa popolarità. Oggi, l'opera di Paisiello è rimasta una curiosità con un suo certo fascino ormai sbiadito, ma sostanzialmente scontata armonicamente e melodicamente. L'opera di Rossini, che utilizza un libretto quasi identico, l'ha messa rapidamente nel dimenticatoio. Eppure, alla prima romana, il 20 febbraio 1816, il “Barbiere” di Rossini fece fiasco (ma si sa che fu un sabotaggio dei sostenitori di Paisiello a determinarlo). 
Anche il grande Beethoven ammirò il “Barbiere” rossiniano, e raccomandò all'autore di dare altre opere simili al mondo. Schubert incorporò il famoso crescendo di Rossini e altri suoi espedienti in alcune sue partiture. A Parigi le opere di Rossini venivano continuamente rappresentate al Théàtre des Italiens e all'Opéra. Londra, nel 1824, si ebbe un’intera stagione lirica dedicata a Rossini. Il compositore andò a Londra a sovrintendere alle rappresentazioni e la sua presenza contribuì a fare aumentare gli incassi. A quel tempo l'Europa impazziva per Rossini. Dovunque si recasse veniva festeggiato, ammirato, ed anche fortemente invidiato. Quando il “Guglielmo Tell” fu dato all'Opéra di Parigi, nel 1829, le adulazioni arrivarono al limite dell’isterismo.
Donizetti fu anche più prolifico di Rossini: egli sfornava musica con la rapidità e la regolarità di una macchina. Oltre ad una settantina di opere, uscirono dalla sua penna dodici quartetti per archi, sette messe, melodie, pezzi per piano, cantate, mottetti e salmi. Aveva buon gusto e stile, ma abusava del suo talento scrivendo troppo e troppo in fretta. Ma le sue opere piacevano sempre. Particolarmente ammirate erano le sue scene di follia. Il pubblico amava sentire le sue eroine spirare in una pioggia di trilli, arpeggi, scale, salti e note alte. L'opera francese adottò le scene di follia di Donizetti, il quale ebbe una forte influenza sul giovane Verdi, molto più di Rossini e di Bellini. Per tutto il secolo i grandi cantanti amarono le sue opere. 
Come tutti i compositori d'opera italiana, Donizetti fu in continuo movimento. Andava su e giù per l'Italia mettendo in scena le sue opere, e lavorò anche a Parigi e a Vienna, insomma, era sempre in giro. Molte ebbero entusiastica accoglienza, ma fu l'”Anna Bolena” a dargli la fama, anche se la più popolare rimane “L’elisir d’amore”. La sua “Lucia di Lammermoor” fu rappresentata per la prima volta a Napoli nel 1835, e diventò una delle opere più popolari del secolo. Donizetti fu un compositore pieno di grazia, e le sue opere comiche hanno quel tipo di inventiva melodica. di slancio e di brio che solo Rossini ha saputo portare nella musica.
Vincenzo Bellini compose una sola opera comica, “La sonnambula” (1831), che fu un grande successo di quei tempi e che spesso è in repertorio ancora oggi. Ma le sue opere più rappresentative sono “Norma” (1831) e “I puritani” (1835), opere ricche di arie puramente liriche che esprimono l'essenza dell'arte del compositore attraverso una lunga, arcuata, lenta melodia su un basso arpeggiato. Bellini era ossessionato dalla melodia. Perfino Wagner, che generalmente detestava la musica italiana, apprezzò la “Norma”. Delle opere di Bellini disse che erano “tutto cuore legato alle parole”. Anche Rossini e Donizetti hanno scritto lunghe, lente melodie, ma senza la particolare intensità di Bellini. Le melodie di Rossini, per esempio, sono di orientamento classico, mentre quelle di Bellini sono romantiche: non senza buon motivo Bellini e Chopin furono amici. Avevano musicalmente qualcosa in comune, e un notturno di Chopin ha un tipo di melodia e di basso assai vicini a quelli belliniani (ebbero in comune anche altre cose: entrambi esili. minuti, d'aspetto aristocratico; entrambi avevano la malattia tipica dei romantici, la tubercolosi, ed entrambi morirono giovani).
La musica di Bellini attirava il pubblico anche più di quella di Rossini, e i grandi cantanti rispondevano al richiamo del romanticismo implicito nelle sue arie. Il compositore poté disporre di voci notevoli, soprattutto dell'eroica tribù delle mezzo-soprano attive nella prima metà del diciannovesimo secolo. Per queste voci Rossini, Donizetti e Bellini scrissero molte parti che oggi vengono cantate dalle voci di soprano (la Rosina del “Barbiere”, per esempio, era stata creata per una voce bassa, mezzosoprano o anche contralto), ma sappiamo che le mezzosoprano del bel canto erano delle cantanti eccezionali. Maria Malibran, che morì nel 1836 per una caduta da cavallo a soli ventotto anni, fu considerata dai contemporanei la più grande cantante mai vissuta. Era una mezzosoprano capace di arrivare da un fa basso a un do alto. La stessa cosa sapevano fare Marietta Alboni, Giulia Grisi, e i soprani alti, come Giuditta Pasta. Poi c'erano tenori come Mario (conosciuto col solo nome), baritoni come Antonio Tamburini e bassi come Luigi Lablache, che è passato alla storia come il più grande del gruppo, come colui che aveva la voce del tuono e la flessibilità di “un serpente attorcigliato”. Bellini scrisse molti lavori per questi cantanti. 
È opinione comune che “Norma” sia l’opera maggiore di Bellini Una melodia tesa, infinitamente lunga come ascoltiamo nell’aria “Casta diva”, costruita da una misura all'altra perfettamente proporzionata, casta eppure assolutamente appassionata, fa un'impressione indimenticabile quando è ben cantata. Norma non è un personaggio facile, è scritto per un soprano drammatico di eccezionale duttilità. “Norma” è l'unica opera di Bellini sempre presente nel repertorio internazionale, e, a giudizio di molti, essa è l'essenza stessa della tradizione del bel canto.

Roma, 22 ottobre 2008

 

 

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