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Anno 7 Numero 304

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Alfredo Catalani: “La Wally” 

 

di Marina Pinto

La musica di Alfredo Catalani (1854-1893) ha in sé una penetrante sensibilità che le conferisce un posto singolare nella storia del melodramma italiano della fine dell’Ottocento. 
Durante la sua vita Catalani ebbe legami con la scapigliatura milanese, e scoprì di avere una predilezione per le leggende nordiche, nella sua musica scopriamo un forte wagnerismo e l’inclinazione a cogliere delicate ed arcane fluttuazioni dell’animo umano, tutti elementi che inducono a collocare la figura di questo compositore nel clima del decadentismo italiano. 
L’arte di Catalani trae le sue motivazioni da una sofferenza concreta - non solo da un generico pessimismo comune a tutti gli artisti decadentisti – e da una desolata meditazione sulla tragica precarietà della condizione umana. Egli non si illude mai di poter influire in nessun modo sulla realtà, riconosce la vanità delle cose eppure sente di l’impossibilità di una assoluta rinuncia; resiste in lui una accorata tenerezza verso un miraggio tante volte intravisto e tante volte perduto. 

Catalani nacque a Lucca, suo padre era pianista, avrebbe voluto fare del figlio un avvocato o un medico, tanto più che egli, dotato di sveglia intelligenza, aveva superato brillantemente le scuole secondarie conseguendo a soli diciassette anni, e con ottimi voti, la licenza liceale. Ma Alfredo aveva una prepotente disposizione alla musica, e nulla valse a dissuaderlo dall’intraprendere la strada del comporre. I suoi studi in questo campo progredirono speditamente, diverse opere videro la luce negli anni dal 1875 in poi, che ottennero discreti favori e riconoscimenti nell’ambiente musicale. Non fu sempre così, naturalmente, difatti giunsero per lui anche cocenti delusioni, come quando, nel 1883, la sua opera “Dejanice” non piacque al pubblico, evento che causò nell’animo di Catalani una grande amarezza, accresciuta dalla morte dei genitori e dall’apprensione per il suo stato della sua salute, gravemente insidiata dalla tisi, oltre che da una situazione economica insufficiente che non gli consentiva di curarsi a dovere. 
Tutto questo lo portò in uno stato di prostrazione profonda, quando nel 1889 - per distrarlo - un’amica gli suggerì di leggere un racconto di Wilhelmine von Hillern intitolato “La Wally dell’avvoltoio”: fu una rivelazione per Catalani, che ritrovò la forza di vivere e la voglia di comporre, aveva trovato finalmente la “sua” opera (troviamo una commovente analogia fra questo episodio ed un altro assolutamente simile accaduto molti anni prima al giovane Verdi, quando, in un periodo di grande tristezza dopo la morte della moglie e dei figlioletti - addirittura pensando di allontanarsi per sempre dal mondo della musica - vagando per Milano incontrò l’impresario del Teatro alla Scala Merelli che gli propose un libretto… quello che sarebbe diventato il “Nabucco”).
Subito dopo letto il romanzo Catalani incaricò Luigi Illica di stenderne il libretto, una trama che si sviluppasse in quattro atti, la musica della “Wally” fu composta in due anni, e l’opera andò in scena alla Scala nel 1892, con ottimo esito. 

Ma dopo questo successo iniziale attorno alla “Wally” si fece improvvisamente silenzio: quali le ragioni per questo ostracismo? Forse il giudizio negativo di Verdi o l’ostilità da parte di una certa critica, o forse i calcoli opportunistici dell’editore Giulio Ricordi, che preferiva puntare le sue carte su Puccini invece che sul moribondo Catalani: il concorso di queste ragioni senza dubbio influì sul destino dell’opera e dell’autore, e Catalani si spense un anno dopo raccomandando all’amico Toscanini la sua creatura più cara. 
Al maestro Arturo Toscanini si deve infatti la riesumazione della “Wally” in due memorabili esecuzioni: una prima alla Scala nel 1905 ed un’altra al Metropolitan di New York nel 1909, due rappresentazioni che riabilitarono completamente il capolavoro di Catalani dandogli quel posto onorevole che tuttora ha nel repertorio melodrammatico italiano.

La vicenda della “Wally” racconta un dramma di passione e di gelosia che vive in un clima realistico. L’azione si svolge sui monti dell’alto Tirolo. All’Hochstoff si festeggia il settantesimo compleanno di Stromminger, quando giungono dei cacciatori, tra i quali Giuseppe Hagenbach, che racconta di aver ucciso un feroce orso, ma Stromminger non ci crede e lo schernisce, ricordando di aver ucciso un giorno il padre di lui. Hagenbach si infuria e sta per colpire il vecchio, quando arriva la figlia di costui, Wally, che li separa. Hagenbach si allontana, ed interviene Vincenzo Gellner, che è innamorato di Wally e che la chiede in moglie a Stromminger. Ma Wally è innamorata di un altro, e proprio di Hagenbach, e pertanto dichiara che non ama e non amerà mai Gellner; il padre vorrebbe da lei ubbidienza, ma lei rimane ostinata nella sua posizione e Stromminger la caccia di casa.
La fanciulla si avvia sulla vetta del Murzoll, in compagnia del piccolo Walter, suonatore di cetra; Stromminger intanto muore e Wally diventa la ricca proprietaria dell’Hochstoff. 
In un giorno di festa ella incontra Gellner, che è sempre innamorato di lei e che torna ad implorare il suo amore. Wally lo respinge ancora, e Gellner, sapendo che ella è innamorata di Hagenbach, le dice che non lo avrà mai, perché lui sta per sposare la bella Afra. Wally è accecata dalla gelosia, ed insulta Afra. Per vendicare questo affronto Hagenbach promette che durante la danza dei baci egli bacerà Wally, la quale si vantava di non essere mai stata baciata, e al momento del ballo, facendole credere di amarla, riesce a rubarle un bacio; ma Wally si accorge di essere stata ingannata, ed incita Gellner ad uccidere Hagenbach, promettendosi a lui, pur restando ferita ed in apprensione, perché ama Hagenbach. Ma ora anche lui si accorge di essere innamorato di lei, e si reca all’Hochstoff per chiederle perdono. Ma quando sta per attraversare un ponte, Gellner gli è addosso e lo fa precipitare dal parapetto. Wally viene a sapere quello che è successo, tenta di uccidere Gellner e poi chiama a soccorso tutta la gente del villaggio, trova Hagenbach ferito e lo affida ad Afra, donando tutti i suoi averi alla rivale. 
Quindi si avvia verso Murzoll: l’inverno si avvicina e Wally rimane sola nella sua capanna in mezzo ai monti. Mentre medita malinconicamente sul suo destino ode da lontano la voce di Hagenbach, che pian piano si fa più distinta: egli è guarito e viene in cerca di lei. Le confessa il suo amore e la persuade a seguirlo in paese, ma si scatena una tormenta di neve ed una valanga travolge Hagenbach. Wally, disperata, si getta in un precipizio.

L’opera è commovente e allo stesso tempo energica, soprattutto nella presentazione dei protagonisti, nello scontro fra Hagenbach e Stromminger e poi nell’intervento di Wally. E’ notevole l’attitudine di Catalani al ritratto femminile (qualità che lo accomuna a Puccini), la sua attenzione a cogliere non solo il fascino esteriore del personaggio, ma anche la sua forza di donna appassionata e fiera, trepida ma decisa. 
Le strutture teatrali ben si adeguano alla rappresentazione di tali personaggi e alla crisi dei loro sentimenti; così Catalani riesce a graduare con il sapore dell’autenticità la passione amorosa dei tre protagonisti: Wally-Hagenbach-Gellner, che insieme sono il cuore pulsante dell’intero dramma.

Roma, 6 febbraio 2008

 

 

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