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La “normalità” dei grandi terremoti
Anche nel 2005 è da prevedere un sisma superiore agli 8 gradi, un
evento che in media si verifica ogni anno, spiega Piero Manetti
dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr. Per fortuna, alla
intensità non corrisponde sempre l’alto numero di vittime
“I dati sono noti e pubblici: la media dei terremoti superiori
all’ottavo grado di intensità è di uno all’anno, pertanto anche nel
2005 è da prevedere che se ne possano verificare” avverte Piero
Manetti, direttore dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr.
“Mentre quelli tra 7 e 7,9 gradi sono mediamente 17 l’anno e quelli
tra 6 e 6,9 ben 134. Ma contando anche gli eventi sismici minori,
partendo dai due gradi, gli eventi sismici stimati annualmente sono
circa un milione e mezzo. Soltanto dal 2000 ad oggi abbiamo avuto
un’ottantina di scosse superiori ai sette gradi”.
Dovremo dunque attenderci anche nel 2005 un’altra tragedia di
proporzioni simili a quella avvenuta nel Sud-Est asiatico? “Per
fortuna non è detto” risponde il professor Manetti, “poiché l’altro
elemento fondamentale da tenere in conto per le conseguenze in
termini di vite umane è la densità della popolazione nella zona
colpita e molto spesso il sisma si verifica in zone poco o per nulla
abitate. Anche solo guardando agli anni recenti, sono state colpite
da terremoti pari o superiori all’ottavo grado, senza neppure una
vittima: nel 1965 l’Isola di Rat, nel 1970 la Columbia, nel 1986
l’Isola di Andreanof, nel 1988 il Golfo dell’Alaska, nel 2000 la New
Ireland in Papua Nuova Guinea e nel 2002 il Denali Park. Mentre un
terremoto di 8.2 gradi in Bolivia, nel 1994, ha fatto cinque morti,
uno di 8.4 gradi in Perù, nel 2001, 75 vittime, e nel 1964 sempre in
Alaska ci sono stati 125 morti, ma con uno dei più forti eventi
sismici mai registrati, 9.2 gradi. Anche il terremoto di massima
intensità mai misurato con gli strumenti moderni, 9.5 gradi,
avvenuto nel 1960 in Cile, ha provocato 5.700 vittime, un numero ben
minore di quello che purtroppo circola in questi giorni. Del resto
anche quest’ultimo evento, se non ci fosse stato lo tsunami, avrebbe
avuto un esito molto meno disastroso”.
Il terzo fattore da tenere in conto è poi l’adozione di tutte le
misure di prevenzione possibili. L’evento sismico è per definizione
imprevedibile, ma la conoscenza geologica e la statistica ci
indicano con chiarezza le zone a rischio. “In Italia, ad esempio,
sappiamo bene che i pericoli maggiori riguardano la dorsale
appenninica centromeridionale, il Friuli e alcune aree siciliane, in
particolare il Belice”. Sul piano statistico, a livello mondiale,
c’è da registrare che è la Cina ad aver subito le conseguenze più
tragiche: a parte un terremoto del 1556 a cui vengono imputati
830.000 morti, se ne sono verificati due negli anni Venti con
200.000 vittime ciascuno e uno nel 1976 con 255.000 dichiarate: “Ma
alcune stime parlano di 655.000 morti” conclude il professor Manetti.
www.cnr.it
Roma, 31 dicembre 2004
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