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UNO STUDIO DEL PLANETARY SCIENCE INSTITUTE

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Le valli di Marte adatte alla vita.Valli profonde e ricche di un minerale argilloso formatosi in presenza di acqua. Sono questi i luoghi che, secondo i ricercatori del Planetary Science Institute, avrebbero potuto ospitare la vita sul Pianeta Rosso. La ricerca sulla rivista americana Geology.

La vita su Marte? Ci sono almeno un paio di posti sul pianeta rosso che per conformazione geologica potrebbero averla ospitata. È quanto risulta dalla ricerca pubblicata sulla rivista Geology dall’americano Planetary Science Institute.Sono le profonde valli ricche di un minerale argilloso che si è formato in presenza di acqua e che avrebbe favorito la presenza di forme di vita. Il minerale che potrebbe racchiudere il segreto della vita sul pianeta rosso si chiama smectite. La sua caratteristica è la grande capacità di assorbire acqua o molecole organiche e si forma in presenza di acqua non acida. “Queste argille si sono formate in presenza di specchi d’acqua persistenti circa 2 o 3 miliardi di anni fa”, ha spiegato Janice Bishop, una delle responsabili della ricerca, che lavora per l’istituto Seti (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) e per il centro di ricerche Ames della Nasa. “Ciò indica – ha aggiunto – che questi avvallamenti sono unici e potrebbero essere stati i luoghi più ospitali di Marte in un periodo di forte evaporazione, che ha condizionato il clima dell’intero pianeta”.I siti in questione sono stati individuati nell’area detta Noctis Labyrinthus, nei pressi della Valle Marineris, un complesso sistema di valli e canyon che si articola per 4.000 chilometri, arrivando a 7 chilometri di profondità. La ricerca si è basata sulle immagini ad alta risoluzione scattate dal satellite, americano Mars Reconnaissance Orbiter (Mro), lanciato nel 2005 dalla NASA, con a bordo il radar dell’ASI  ShaRad, per analizzare la superficie del pianeta e individuare i luoghi di atterraggio per le future missioni.“Queste depressioni sarebbero dei luoghi fantastici dove spedire un prossimo rover”, ha commentato Catherine Weitz, primo autore della ricerca. “Peccato – ha aggiunto – che i forti dislivelli del terreno rendano molto problematico un possibile atterraggio in queste aree”.