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L'impronta idrica dell'Europa

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L'Europa è attenta alle proprie risorse d'acqua dolce ma consuma quelle dei Paesi in via di sviluppo. Da Bruxelles Maude Barlow avverte: "impronta idrica dell'Europa ancora troppo alta"

L’Europa salvaguarda le proprie risorse idriche, ma sperpera quelle degli altri, importando prodotti come cotone e legno da paesi in cui l’acqua dolce è una risorsa sempre più rara. Maude Barlow, funzionaria ONU esperta di temi idrici, non risparmia critiche neppure ai Paesi dell’Unione Europea in un’intervista pubblicata ieri su EurActiv. La Barlow interviene sull’argomento a pochi giorni di distanza dalla conferenza internazionale “Peace with Water” svoltasi a Bruxelles il 12 e 13 febbraio, durante la quale l’ex leader russo Mickail Gorbaciov ha lanciato la proposta di  un protocollo Mondiale per l’Acqua, in vista dell’accordo sui cambiamenti climatici post-Kyoto, fissato per il 2013. Il memorandum di Gorbaciov prevede due principi-essenziale per far fronte alla crisi idrica mondiale: il diritto universale all’acqua e la responsabilità – individuale e collettiva – della salvaguardia delle risorse idriche per le generazioni future. L’attuale crisi economica – dichiara Gorbaciov – potrebbe trasformarsi in uno strumento prezioso per “superare il nostro obsoleto modello di sviluppo insostenibile”.

Secondo Maude Barlow, il concetto di “acqua virtuale”, cioè l’idea che lo sfruttamento di risorse idriche passi anche attraverso i beni di consumo, finora non ha ricevuto l’attenzione che merita, anche se è un elemento essenziale per determinare la nostra “impronta idrica”. L’impronta idrica può essere definita come la quantità totale di acqua dolce che uno Stato utilizza per soddisfare i bisogni della popolazione e dell’industria. L’Europa – secondo la Barlow - si sforza di tutelare le proprie risorse idriche, ma non è altrettanto attenta quando si tratta di importare prodotti agricoli da altri continenti, dove le risorse d’acqua dolce sono scarse. Per calcolare l’impronta idrica dell’Europa, infatti, bisogna tener conto anche dell’acqua importata dall’estero sotto forma di beni di consumo. I principali imputati sono le abitudini di acquisto e lo stile di vita dei cittadini europei, abituati a mangiare fragole succose tutto l’anno, mentre le coltivazioni di fragole “succhiano” l’acqua dei laghi africani. La Gran Bretagna, ad esempio, “importa due terzi della sua impronta idrica”. La maggior parte delle rose vendute in Europa provengono dal lago Navaisha, in Kenya, che ha un’aspettativa di vita di al massimo 10 anni. Il motivo? Il lago è circondato da floricoltori europei, soprattutto britannici, che hanno bisogno di enormi quantità d’acqua per far crescere e prosperare le proprie rose. Quando compriamo un bel mazzo di rose dal fioraio dietro l’angolo – avverte la Barlow -  dovremmo riflettere sull’acqua virtuale necessaria per migliorare la qualità dei nostri appuntamenti galanti.

Mettere un prezzo sull’acqua? La Barlow non è contraria, ma a patto di rispettare tre condizioni fondamentali: innanzitutto l’acqua deve essere una risorsa pubblica, erogata da agenzie governative no-profit che reinvestano i ricavi nella valorizzazione delle risorse idriche e nelle infrastrutture. In secondo luogo, l’utente non deve pagare l’acqua ma il servizio, di conseguenza non devono esserci diritti di proprietà sull’acqua. “A nessuno - afferma la Barlow - dovrebbe essere vietato l’accesso alle risorse idriche perché non può permettersi di pagare l’acqua”. Questo non significa avere il diritto di riempirsi la piscina di casa, ma piuttosto usare l’acqua per soddisfare i bisogni vitali dell’uomo. Infine, è necessario “bloccare” i prezzi dell’acqua, riservando una quota gratuita ai bisogni di prima necessità. Gli usi commerciali devono essere sotto il controllo del governo, che si riserva il diritto di ritirare una licenza se non è stata usata in modo corretto. Il Giappone, ad esempio, ha stabilito tre livelli di prezzo in base al tipo di servizio erogato e alle sue finalità.

La gestione dei servizi idrici deve restare in mano pubblica. La Barlow, infatti, è contraria alle compagnie private come la Suez e la Veolia perché, spiega, “le società private non dovrebbero avere potere decisionale sulla distribuzione dell’acqua”. L’intervento delle compagnie private deve riguardare il miglioramento delle infrastrutture, la consulenza e l’innovazione, per aiutare le industrie a ridurre la propria impronta idrica mediante lo sviluppo di tecnologie che limitano i consumi. Oggi, invece, le grandi compagnie private hanno troppo potere perché possono decidere dove è più conveniente per loro costruire le infrastrutture per portare l’acqua a chi non ce l’ha. Se l’operazione non è redditizia, fanno sapere alla Banca Mondiale che non hanno nessuna intenzione di investire soldi in quella parte del mondo. L’Australia - ricorda la Barlow - ha dato alle società private il potere di decidere sull’utilizzo delle risorse idriche del Paese e oggi ne paga le conseguenze. Il governo australiano, infatti, ha venduto i diritti dell’acqua del fiume Murray-Darling ai grossi cotonifici, che hanno letteralmente “succhiato” l’acqua del bacino per alimentare le proprie industrie. Oggi il governo cerca disperatamente di riavere i diritti su una risorsa che è stata sovrasfruttata per meri interessi commerciali. L’Australia – spiega la Barlow – dipende economicamente dalle esportazioni di cotone, vino, frumento: tutti prodotti che incorporano nel loro processo produttivo una grande quantità d’acqua. Ora che il Murray-Darling si sta prosciugando, anche la produzione ne risente. Le esportazioni di riso, ad esempio, hanno subito un tonfo del 60%. Stessa sorte spetta ai fiumi del Cile e della Turchia, che vengono messi in mano alle grandi società private.

Approfondimenti:

E’ possibile leggere la versione integrale dell’intervista (in inglese) a Maude Barlow sul sito di Euractiv:
“Expert: Europe 'unaware' of its water footprint” (17/02/2009)
http://www.euractiv.com/en/environment/expert-europe-unaware-water-footprint/article-179526

“Gorbachev launches 'Peace with Water' initiative”, Euractive  (13/02/2009)
http://www.euractiv.com/en/sustainability/gorbachev-launches-peace-water-initiative/article-179429

 Veronica Rocco