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Anno 6 Numero 287

Direttore Responsabile Guido Donati

                        

 

IRE: Gestione del Carcinoma tiroideo avanzato

Trattamento della malattia e prospettive future



Il tumore della tiroide colpisce le donne tre volte più degli uomini: nell’area coperta dal registro tumori risulta che l’incidenza è di 5,2 casi per gli uomini e di 15,5 casi per le donne ogni 100.000 persone. Da 0 a 74 anni si stima che un uomo su 272 e una donna su 93 rischia di ammalarsi. Tra tutti i tumori tiroidei il carcinoma avanzato rappresenta il 30%.
L’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE) è una delle poche strutture che assicura un percorso integrato diagnostico e terapeutico per i tumori della tiroide ed in particolare per i carcinomi avanzati. Dispone infatti di tutte le professionalità specialistiche in grado di affrontare tale patologia. Dopo un’accurata diagnosi viene indirizzato alla terapia più appropriata che va dalla chirurgia del collo o ortopedica, nel caso di metastasi localizzate, o ricostruttiva, alle terapie mediche oncologiche, alla medicina nucleare, alla radioterapia fino al supporto nutrizionale. Importante inoltre l’attività di ricerca: l’approccio biomolecolare per lo studio dell’eziopatogenesi del cancro e le terapie geniche aprono interessanti prospettive di cura del tumore tiroideo e di altre neoplasie. 
Questi gli argomenti affrontati durante il primo incontro di Endocrinologia Oncologica, dal titolo “Gestione del Carcinoma Tiroideo Avanzato”, svoltosi oggi presso il Centro Congressi “R. Bastianelli”. Promotrice dell’evento è la Prof. ssa Marialuisa Appetecchia, Responsabile di Endocrinologia IRE.

La prevenzione insieme all’esatto inquadramento dei fattori prognostici – ha detto all’apertura dei lavori la Prof.ssa Marialuisa Appetecchia - ci permettono oggi di trattare al meglio la patologia
fino alla completa risoluzione o di gestire con ottimi risultati eventuali recidive. L’analisi dei fattori prognostici è ormai un metodo standardizzato. L’IRE è un centro di riferimento nella diagnosi e nella cura del cancro alla tiroide, grazie all’esperienze, agli innumerevoli dati clinici accumulati negli anni e alla collaborazione attiva con altre istituzioni e università”
“Le nostre attività di clinica e di ricerca specialistiche in campo oncologico – afferma la Prof.ssa Paola Muti, Direttore Scientifico IRE - mirano ad un approccio assolutamente multidisciplinare, così un’alta concentrazione di energie ed un intrecciarsi di professionalità diverse collaborano per lo stesso fine.”

Tra i fattori di rischio dei tumori alla tiroide l’esposizione a radiazioni ionizzanti, soprattutto in età infantile. Questa causa è stata riconosciuta e confermata dagli studi che hanno dimostrato l’incremento d’incidenza di cancro della tiroide nelle aree vicine alla centrale nucleare di Chernobyl che, come tutti ricordano, fu interessata nel 1986 da un clamoroso incidente. Anche una bassa quantità di iodio assorbito nella dieta può avere il suo ruolo, provocando il cosiddetto “gozzo endemico” e aumentando l’incidenza delle patologie della tiroide. Non di meno sono i fattori genetici. 
Il tumore della tiroide è considerato un tumore raro che colpisce in prevalenza le donne. Ogni 272 soggetti maschi e 93 femmine se ne ammala uno. Tuttavia la diagnosi e la cura di questo tumore non sono semplici perchè richiedono la collaborazione di medici specialisti appartenenti a settori diversi: endocrinologi, oncologi, chirurghi, medici nucleari, radioterapisti. Per le donne rappresenta la terza causa di cancro dopo quello alla mammella e alla pelle, ma spesso risulta essere più aggressivo negli uomini. “Nell’arco di undici anni - spiega il Dr. Valerio Ramazzotti, epidemiologo dell’IRE - si è visto che il tasso di incidenza del cancro della tiroide è aumentato di circa il 5%, mentre è sorprendentemente diminuito il tasso di mortalità del 4%. Questa incongruenza può essere spiegata dai miglioramenti nelle tecniche diagnostiche che consentono di scovare anche quei tumori che non presentano sintomi, ma anche un tempestivo intervento terapeutico unito alla crescita dell’efficacia dei trattamenti.”

La terapia radiometabolica rappresenta una delle terapie di elezione per le neoplasie della tiroide. “Uno studio da noi condotto – afferma la dr.ssa Rosa Sciuto, Responsabile della Terapia Radiometabolica presso il reparto di Medicina Nucleare IRE - ha dimostrato che il trattamento con iodio-131 è molto efficace permettendo un controllo della malattia in circa il 93% dei pazienti e una risposta completa in più del 50% dei casi trattati.” 

“Il carcinoma tiroideo spesso si presenta sottoforma di lesioni uniche, - afferma il dr. Roberto Biagini responsabile della Ortopedia Oncologica dell’IRE - prive di metastasi, che possono essere aggredite clinicamente con una buona chirurgia ortopedica, senza aggiungere nient’altro a questo intervento mirato. E’ importante quindi considerare che non tutti i casi di cancro si trattano con la terapia radiometabolica ma il primo passo e spesso anche l’ultimo e definitivo verso la cura di questa patologia è l’intervento chirurgico.”

Alterazioni di specifici geni sono state riscontrate in pazienti colpiti da questa malattia. Fino al 34% dei soggetti adulti colpiti da carcinoma papillare della tiroide e fino all’80% di quelli pediatrici, presenta mutazioni del gene RET che lo trasformano da gene “normale” in oncogene. 
Il rapido avanzamento della ricerca di base e clinica ha permesso di accrescere enormemente le conoscenze circa i meccanismi molecolari implicati nella progressione dei diversi tumori tiroidei ed identificare nuovi bersagli terapeutici potenzialmente utili nella terapia dei carcinomi tiroidei più aggressivi. Le nuove strategie terapeutiche nella lotta al cancro, valutate finora nei modelli sperimentali e illustrate dalla dr.ssa Luisa Barzon dell’Università di Padova, includono in primis la terapia genica, che consentirebbe la sostituzione a scopo terapeutico di un gene mutato soppressore di tumore con una copia “sana” e funzionante, oppure l’inibizione di “oncogeni”, come il gene RET, spesso coinvolto nel tumore alla tiroide. “La combinazione del gene NIS come “gene terapeutico” con l'espressione dell’ormone citochina è un approccio del tutto innovativo e potrebbe aumentare in modo sinergico l'attività antitumorale. – ha illustrato la Barzon – Il carcinoma tiroideo è un obiettivo ideale per la messa a punto della geneterapia.” 
Lo studio delle combinazioni dei diversi approcci della terapia genica, incluse le vaccinazioni e la viroterapia, che mira ad infettare e uccidere selettivamente le cellule tumorali, rappresentano la nuova frontiera per la cura del cancro tiroideo e di altre neoplasie.
L’incontro che ha registrato la presenza di oltre 100 specialisti si è svolto con il Patrocinio e il contributo della Presidenza del Consiglio della Regione Lazio. 

www.ifo.it 

Ufficio Stampa IFO
Lorella Salce 

Roma, 10 ottobre 2007
 
                               

 

 

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