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Cisti ovariche, in donne giovani meglio l’asportazione anche se
benigne
Due recenti studi internazionali del professor Riccardo Marana
(Università Cattolica) confermano l’influenza negativa delle cisti
sulla fertilità femminile e l’opportunità di uno screening accurato
per valutarne precisamente la natura
Le cisti ovariche riscontrate in età
riproduttiva richiedono l'asportazione, anche se sono molto spesso
benigne. Vanno assolutamente asportate quando superano certe
dimensioni (5-6 cm) o quando sono associate a sterilità femminile,
con particolare riguardo alle cisti endometriosiche, la cui presenza
ha un riflesso negativo importante sulla fertilità. L’asportazione,
dopo accurato screening per valutarne la natura, va eseguita
preferibilmente in laparoscopia, intervento che permette di
eliminare le cisti benigne indipendentemente dalla loro grandezza
con minor stress operatorio e post operatorio. È quanto emerge da
uno studio del prof. Riccardo Marana, responsabile dell’Unità di
Terapia chirurgica endoscopica e mininvasiva della sterilità
femminile dell’Università Cattolica di Roma presso il Complesso
Integrato Columbus, in collaborazione con l'Università di Milano, di
recente pubblicato su “American Journal of Obstetrics and Ginecology”.
La cisti ovarica è una patologia molto frequente che interessa
soprattutto le donne in età fertile, ma può comparire anche durante
l'adolescenza o dopo l'insorgenza della menopausa.
Il rischio che una cisti ovarica sia maligna è sempre presente; per
questo è fondamentale un corretto screening preoperatorio, come ha
confermato uno studio del prof. Marana appena pubblicato sul
“Journal of the American Association of Ginecologic Laparoscopists”.
Notevolissima la casistica presentata: “su 1062 cisti ovariche
esaminate, dopo un'accurata selezione ecografica preoperatoria - ha
spiegato Marana, past president della Società Italiana di Endoscopia
Ginecologica (SEGi) - e quando si è reso possibile una verifica con
sonda trans vaginale, si sono riscontrate 7 cisti di tipo borderline
‘incidentale’ e una cisti con un microfocolaio di carcinoma
endometrioide grado I”. Attenzione però ai falsi allarmi: “quando
l'ecografia rivela la presenza di una cisti uniloculare - ha
aggiunto Marana - minore o uguale a 7 cm è opportuno ripetere un
esame ecografico a distanza di 6-8 settimane per verificare che la
cisti sia ancora presente ed evitare così di operare senza necessità
donne con cisti funzionali”.
Le cisti ovariche benigne - formazioni
rotondeggianti - si dividono in sierose, mucinose, dermoidi ed
endometriosiche. Le cisti endometriosiche, cioè quelle che derivano
dall'endometrio, si associano a una diminuzione della fertilità
femminile. Uno studio statunitense condotto dal prof. David Olive
(Olive David, Haneya F., endometriosis associated infertility: a
critical rediew of therapeutic approaches), ha dimostrato che se la
cisti endometriosica è monolaterale la fertilità femminile è ridotta
al 25%, mentre se le cisti sono bilaterali la fertilità è ridotta
allo 0-5%. “Ma dopo la rimozione laparoscopica delle cisti
endometriosiche e delle aderenze associate - ha rimarcato il
ginecologo del Dipartimento per la Tutela della salute della donna e
della vita nascente dell'Università Cattolica di Roma - la fertilità
femminile risale al 55%”, come ha dimostrato lo studio pubblicato,
in collaborazione con l'Università di Milano, su “American Journal
of Obstetrics and Ginecology”.
La strategia dell'intervento di
asportazione viene valutata dopo un’accurata ricerca diagnostica con
ecografia pelvica, esame principe della valutazione, e dopo la
menopausa i markers tumorali, per escludere la presenza di cellule
neoplastiche. “Una volta diagnosticata la natura benigna della
cisti, si procede con la laparoscopia, indipendentemente dalle sue
dimensioni”, spiega Marana, tra i pionieri della laparoscopia
ginecologica, con all’attivo circa 1100 interventi con questa
tecnica, nella cui casistica si segnala l’asportazione di una cisti
di circa 22 cm. Questo tipo di intervento, eseguito in anestesia
generale, prevede l'inserimento di un sottile strumento
laparoscopico a fibre ottiche, collegato a una telecamera con un
monitor, attraverso un piccolo foro praticato a livello
dell'ombelico; nell'addome viene quindi insufflata anidride
carbonica per separare i tessuti. “Generalmente - conclude Marana -
la paziente può tornare a casa il giorno dopo l’operazione. È
possibile che avverta un certo fastidio e un senso di tensione
addominale, ma questa sensazione scompare in non più di 12-24 ore”.
Roma, 18 agosto 2004
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