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di Marina Pinto
Quando parliamo di valzer sappiamo tutti a cosa ci riferiamo. Il valzer è una bellissima danza, forse non troppo semplice da eseguire, ma certo travolgente e molto divertente.
Nell’accezione corretta il valzer ha una base di movimento standard basata sul giro della coppia su sé stessa e dell’insieme delle copie sulla pista, con a volte delle variazioni, come per esempio nel “Valzer lento”, in cui l’uomo indossa il frac e la donna dei lunghi abiti ricamati con strass e piume, dove si richiede fluidità e grazia nel movimento con in più una giusta dose di slancio, o come nel famoso “Valzer viennese” - che conta appassionati seguaci di tutte le età – che ha una velocità doppia rispetto a quello lento ma con la stessa successione dei giri e dei passi e il medesimo tempo in 3/4 .
L’origine del valzer va ricercata nel Landler, un ballo montanaro tipico dei contadini della Baviera e del Tirolo che anticamente si usava danzare nel ‘700 in occasione di feste popolari.
Nel secolo successivo il Landler mutò la sua forma, e da semplice danza d’insieme raffinò le sue movenze e la qualità della sua musica grazie alla produzione dei musicisti Johann Strauss padre (1804-1849) e figlio (1825-1899) e di Joseph Lanner (1801-1843), diventando così il ballo preferito delle corti austriache, con un movimento di danza gioioso e sensuale, malinconico, romantico ed affascinante, trascinante nel ritmo e orecchiabile nella melodia.
Lanner e Strauss padre collaborarono e si contesero il ruolo di Direttore dei balli di corte, tracciando con le loro musiche la storia del valzer, e la bellissima Vienna spalancò le porte a questa nuova danza trasformandosi a poco a poco in un’unica immensa sala da ballo.
Grazie alla grandissima produzione di Johann Strauss figlio, nella seconda metà del XIX secolo il valzer valicò i confini dell’Austria e conquistò la Germania, dove però il perbenismo figlio del rigido luteranesimo condannò questo ballo in cui per la prima volta le coppie ballavano abbracciate girando in tondo in un turbine di musica eccitante e maliziosa, ed anche la Curia parigina si affiancò a tale sciocca censura definendo il valzer un “ballo di colpevole indecenza” in quanto “tentatore della gioventù”.
Ma il fascino travolgente di questa danza, la sua leggerezza ed il suo carattere spumeggiante e disinvolto che invita a far festa, furoreggiò, e dopo il 1848 in tutti i paesi d’Europa non c’era luogo dove non si ballasse, come fosse un ingrediente stabile della cultura del tempo. Il valzer si ballava nei saloni, nei ritrovi, nei caffè ed anche per le strade, con una musica che accompagnando i volteggi dei ballerini cantava la speranza e la gioia di una nuova esistenza, come se tutta la vita potesse essere intesa come un ballo.
Roma, 2 gennaio 2008
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