|
di Marina Pinto
In questo nuovo anno 2008 appena iniziato si festeggia il 150° anniversario della nascita di Giacomo Puccini (1858-1924), e per fare onore a questo grande compositore il Teatro dell’Opera di Roma mette in scena “Tosca”, uno dei più bei drammi musicali che siano stati scritti dal musicista toscano.
Ma come nacque “Tosca”? Quest’opera, così piena di pathos e azione, così drammatica ed appassionata, ebbe in verità una genesi assai lunga e dolorosa.
Il testo fu tratto da un dramma teatrale francese datato 1887 dello scrittore Victorien Sardou, che al tempo veniva rappresentato in tutta Europa con come interprete una grande attrice, Sara Bernard, francese anche lei. Giacomo Puccini vide la Bernard a teatro e rimase folgorato. “Tosca è mia” – disse - “la devo fare io”.
Subito scrisse a Giulio Ricordi per l’acquisto dei diritti per poterlo musicare.
“Carissimo signor Giulio,
dopo due o tre giorni di ozi campestri per riposarmi di tutte le strapazzate sofferte, mi accorgo che la volontà di lavorare invece d'essersene andata, ritorna più gagliarda di prima... e penso alla Tosca! La scongiuro di far le pratiche necessarie per ottenere il permesso di Sardou, prima di abbandonare l'idea, cosa che mi dorrebbe moltissimo, poiché in questa Tosca vedo l'opera che ci vuole per me, non di proporzioni eccessive né come spettacolo decorativo né tale da dar luogo alla solita sovrabbondanza musicale”.
Ma l’autorizzazione da parte di Sardou, pur se sollecitata da Ricordi, tardava a venire, e forse il motivo era che a quel tempo Puccini non era così famoso in Francia, e così il nostro musicista dovette mettersi l’anima in pace ed aspettare tempi migliori. Ma, passati sei anni, Puccini venne a sapere che il famoso e da lui agognato dramma francese era stato affidato dall’editore Ricordi ad Alberto Franchetti, un collega poco abile e ancor meno conosciuto di lui negli ambienti musicali, e la cosa gli sembrò assai strana (anzi, gli fece proprio saltare la mosca al naso, e Puccini era un tipo assai sanguigno). Ma in realtà il nostro Puccini aveva ben ragione di obiettare, perché dopo pochi mesi dall’inizio del lavoro, Franchetti abbandonò il progetto di musicare “Tosca”, e per questo scrisse a Ricordi una lettera dove candidamente gli confessava “Non ce la faccio”. Ed ecco che il libretto (già scritto dal librettista Luigi Illica) ripassò nelle mani di Puccini, e lui vi si poté dedicare anima e corpo.
Era la metà dell’anno 1895, Puccini era già popolare e molto motivato per la sua prossima opera, per cui il lavoro aveva tutte le premesse per diventare un grande dramma in musica, il più bello del suo tempo. Puccini si avvalse dei suoi fidati collaboratori Giacosa ed Illica per la stesura del libretto, ma iniziarono le difficoltà, perché Illica non ne voleva saper di cambiare qualcosa che aveva già scritto (ma Puccini non era Franchetti, e certo non si accontentava di versi di seconda mano), mentre Giacosa non amava affatto quel dramma fatto di passione ed intrigo politico, e lì discussioni a non finire. A tale proposito Giacosa scrisse a Ricordi una lettera colma di lamentele, dove gli rivelava le sue difficoltà e le richieste “impossibili” di Puccini, e addirittura pensò di rinunciare al progetto, ma Ricordi non prese nemmeno in considerazione l'offerta di rinuncia del librettista, il quale continuò a lavorare di malavoglia e con poca convinzione, manifestando continuamente i suoi dubbi.
”... mi pare che finire il primo atto con un monologo, e cominciare con un monologo il secondo, e dello stesso personaggio, sia cosa un po' monotona. Senza contar che questo Scarpia perde tempo a descrivere se stesso, è assurdo. Uno Scarpia agisce, ma non si enuncia a parole. Voi mi direte che musicalmente il pezzo giova, e io non posso nulla opporvi su questo punto. A me, scenicamente, questo monologo pare assurdo. Ci metto mano, ma declino ogni responsabilità”.
Il lavoro nasceva quindi in modo piuttosto tormentato, tanto che dopo un anno dal suo inizio fu sospeso, e per due anni di “Tosca” non si parlò più. Solo nel 1898, in occasione di un viaggio a Parigi, Puccini, che certo non vi aveva rinunciato, poté incontrare Sardou per discutere meglio la stesura del libretto, e l’incontro fra il musicista ed il drammaturgo è descritto in una lettera del compositore.
”Quell'uomo era portentoso. Aveva più di settant'anni e c'erano in lui l'energia e la spigliatezza d'un giovinotto. Era poi un parlatore infaticabile, interessantissimo. Parlava per ore intere senza mai stancarsi, e senza mai stancare. Quando si metteva a parlare di storia era un rubinetto, una fontana: gli aneddoti sprizzavano limpidi, inesauribili. Qualche nostra seduta si ridusse a semplici monologhi di Sardou. Squisitamente piacevoli, non c'è dubbio, ma che non facevano troppo progredire la nostra Tosca. Tuttavia egli si mostrò subito arrendevole e si adattò facilmente alla necessità di sopprimere un atto e di fondere il quadro del carcere con quello della fucilazione”.
E finalmente, nel Settembre 1899, “Tosca” vide la luce.
La partitura fu inviata a Ricordi, e l’attesa di una risposta da parte dell’editore fu la più prolungata della vita del compositore, che davvero friggeva d’impazienza. La risposta? Fu una lunga, lunghissima critica, da cui si evince che Ricordi non aveva compreso per nulla il terzo atto.
“Con battito di cuore, è vero, ma con piena franchezza e coscienza ho il coraggio di dirle: il terzo atto di Tosca, così come è, mi pare un grave errore di concetto e di fattura.... Iddio santo e buonissimo, cos'è il vero centro luminoso di quest'atto?... Il duetto Tosca-Cavaradossi.... e cosa ho trovato?... Una musica frammentaria, a piccole linee, che immiserisce i personaggi. Ho trovato uno dei più bei squarci di poesia lirica, quello delle mani, sottolineato semplicemente da una melodia pure frammentaria e modesta e, per colmo, un pezzo portato via di sana pianta dall'Edgar (ndr. Un’opera precedente dello stesso Puccini) .... Stupendo se esso viene cantato da una contadina tirolese, ma fuori di posto in bocca a Floria Tosca e ad un Cavaradossi... Infine, ciò che doveva essere una specie di Inno Latino o no - ma Inno d'amore - ridotto a poche battute.... Così il cuore del pezzo è formato con tre squarci che si susseguono, ma interrotti e perciò privi di efficacia...”.
Ma di cosa parlava Ricordi? E dov’è mai la “musica frammentaria”? A leggere queste parole oggi si resta a bocca aperta. Difatti non c’è altra opera dove la musica non fluisca continua ed ininterrotta dall’inizio alla fine del dramma, una musica che accompagna non solo il canto ma anche i movimenti, gli sguardi ed i pensieri dei protagonisti, una musica così intensa che sembra attraversare il cuore di ognuno, e che si spezza improvvisa solo al momento degli spari dei fucili contro il povero Cavaradossi che cade a terra ucciso, seguito dal grido di dolore di Tosca che non regge al dolore e decide in un attimo di morire con lui.
Ma certo oggi non è allora, e Puccini – e tanto più Ricordi - viveva allora. Ma egli era talmente sicuro del suo lavoro che non solo non si alterò più di tanto (cosa rara per uno come lui), ma che, s’intende con grande tatto ed estrema diplomazia, si preoccupò di spiegare al riottoso Ricordi ogni passaggio – diremo ogni nota – del tanto incompreso terzo atto della sua opera.
”Carissimo Sig. Giulio,
la sua lettera mi ha fatto una sorpresa straordinaria!! Ne sono ancora impressionato. Pur non di meno sono sereno e convinto che se Ella ripassa questo 3° atto, la sua opinione si cambia! Non è orgoglio il mio, no. È la convinzione di aver colorito come meglio non potevo il dramma che mi stava dinnanzi. Sa Lei come io sia scrupoloso nell'interpretare le situazioni, le parole, e quanto vagli prima di buttar giù. [...] Quanto alla frammentarietà, è cosa voluta da me: non può essere una situazione uniforme e tranquilla come in altre confabulazioni d'amore. Ritorna sempre la preoccupazione di Tosca, la ben simulata caduta di Mario e relativo suo contegno davanti ai fucilatori suoi. Quanto alla fine del duetto, il cosiddetto inno latino (che non ho mai avuto il bene di vederlo scritto dai poeti) i miei dubbi ce li ho anch'io, ma spero che in teatro venga fuori, e magari bene. Il duetto del 3º atto è stato sempre il gran scoglio. I poeti non mi hanno saputo dare (parlo della fine) niente di buono, e di vero soprattutto: sempre accademia, accademia e solite sbrodolature amorose.
Ho dovuto arrangiarmi per arrivare alla fine senza troppo seccare gli uditori evitando qualunque accademia. [...] Ripeto che non è orgoglio il mio, è solo una difesa per un lavoro che ho pensato e che mi è costato tanto pensiero. [...]”.
Non una nota venne cambiata in partitura! Puccini sapeva il fatto suo, non c’è che dire. L'opera venne rappresentata il 14 gennaio 1900 al Teatro Costanzi di Roma, e fu, lo sappiamo, un grande, grandissimo successo.
Roma, 16 gennaio 2008
|
|
|
• Antropologia
• Archivio
•
Arte e cultura
•
Consumatori
•
Diritto
•
Etica
•
Eventi
•
Lavoro
•
Libri
•
Medicina
□
Influenza aviaria
□ Colposcopia
Microcolposcopia
□ Dermatologia
□
Oncologia
Dermatologica -Mosh Micrographic Surgery
□
Ginecologia
□
Oncologia
□
Senologia
□
Sterilità
□
Teletermografia
□ Venereologia
-Malattie Sessualmente Trasmesse
•
Modificazioni
Etniche dei Genitali compresa l'infibulazione
•
Nucleare
Radioprotezione
• Parchi
• Scienzaonline
• Sessuologia
• Shoah • Terremoti
Tsunami
Link
partner
Medicina
venereologia.it
colposcopia.net
microcolposcopia.it
neonatologia.org teletermografia.it
Scienza
scienzaonline
paleofox.com
dinosauriweb
Progetti Umanitari: Aiutiamoli
iismas.it
progettorwanda.it
Varie
segnalazioni.blogspot
ciaowebroma.it

Gli articoli con le Foto più
interessanti e gli
SFONDI PER IL VOSTRO DESKTOP
I video
Le
vostre e-mail

STATISTICHE
Al 2 maggio 2005 abbiamo avuto più di
800.000 contatti di cui 226.760
nel solo mese di aprile
|